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Non è disgrazia

La vicenda di Elvira: l’allucinante episodio che ghiaccia le vene. Non c’è nulla di casuale in quel  gesto che ha ucciso una giovane vita a Napoli.
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Non è disgrazia

La vicenda di Elvira: l’allucinante episodio che ghiaccia le vene. Non c’è nulla di casuale in quel  gesto che ha ucciso una giovane vita a Napoli.
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Non è disgrazia

La vicenda di Elvira: l’allucinante episodio che ghiaccia le vene. Non c’è nulla di casuale in quel  gesto che ha ucciso una giovane vita a Napoli.
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La vicenda di Elvira: l’allucinante episodio che ghiaccia le vene. Non c’è nulla di casuale in quel  gesto che ha ucciso una giovane vita a Napoli.
Questo giornale non si occupa di cronaca in quanto tale, ma la vicenda di Elvira – la giovane donna travolta e uccisa da un motociclista a Napoli – lascia inorriditi. Per il fatto in sé, per la devastazione subita da una famiglia che solo pochi mesi fa aveva affrontato una tragedia simile. Il fratello della trentaquattrenne morta l’altra sera a Napoli era rimasto ucciso, travolto anche lui in strada, in quel caso da un’auto mentre era in bicicletta. Sin qui, circostanze e coincidenze della vita che a volte lasciano incapaci persino di reagire. L’allucinante episodio di mercoledì sera ghiaccia le vene – se si ha la voglia di andare oltre la superficie del fatto di cronaca – per il retroterra culturale che l’ha determinato. Non c’è nulla di casuale in quelle immagini catturate da una telecamera di sicurezza sul lungomare Caracciolo, a un passo da Mergellina e in piena “cartolina” di Napoli. Immagini che terrorizzano per la qualità del mondo che ci costringono a guardare. Per meglio dire, che dovremmo avere il coraggio di guardare, nonostante l’umanissima voglia di voltarsi dall’altra parte. Di mettere sotto il tappeto un’intera realtà, di turarci il naso per non sentire il fetore che emana. La persona alla guida della moto che ha travolto Elvira – senza patente, ma persino quest’assurdità non è la cosa peggiore del quadro – impennava a velocità folle, utilizzando quel tratto di lungomare come il rettilineo di una pista. Aveva a bordo una donna, probabilmente da impressionare con le sue bravate e pose da bullo, e che è viva per miracolo. Elvira stava tornando a casa dal lavoro – era impiegata in uno dei tanti locali della zona – attraversando la strada sulle strisce pedonali ed è stata uccisa. Per indifferenza, idiozia, menefreghismo criminale. È fermandosi a pensare cosa possa aver spinto un essere umano a mettere sé stesso e gli altri a rischio in questo modo assurdo che si ha la sensazione di guardare un abisso senza fondo. Eppure – come scrivevamo – lo dobbiamo fare, dobbiamo costringerci a guardare negli occhi il mostro, che non è solo il pirata della strada. Non ‘consoliamoci’ con l’idea che una tragedia simile sia frutto della follia, perché quell’atto irresponsabile emerge da un mondo ben preciso, da una subcultura, da un’assenza di sia pur minima umanità. È così che si genera il mostro del rifiuto delle regole, della convivenza civile, del rispetto del prossimo. Il mostro è un mondo senza dignità, egoista, ignorante e senza futuro. Lo scrive un napoletano – prima che parta la solita litania autocommiserante – innamorato delle sue origini ma consapevole che questo mondo è tragicamente vasto in città, frutto di un fallimento educativo epocale. Di “contro-modelli” in cui legalità, regole, rispetto del prossimo e di sé non hanno alcuna cittadinanza. Possiamo andare avanti così, come se nulla fosse. Come ogni sera, su quel tratto di lungomare si cancellano da anni le regole più elementari della prudenza, del buon senso, del codice della strada, del decoro e della civiltà. Continuare a farlo, però, rende complici. Di Fulvio Giuliani

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