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A Mosca il Museo degli errori

Al Museo della Vittoria di Mosca è stata allestita la mostra “Nazismo ordinario”. È stata ricreata una agghiacciante connessione tra origine e sviluppo dell’ideologia nazista in Germania e ciò che accade oggi in Ucraina
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A Mosca il Museo degli errori

Al Museo della Vittoria di Mosca è stata allestita la mostra “Nazismo ordinario”. È stata ricreata una agghiacciante connessione tra origine e sviluppo dell’ideologia nazista in Germania e ciò che accade oggi in Ucraina
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A Mosca il Museo degli errori

Al Museo della Vittoria di Mosca è stata allestita la mostra “Nazismo ordinario”. È stata ricreata una agghiacciante connessione tra origine e sviluppo dell’ideologia nazista in Germania e ciò che accade oggi in Ucraina
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Al Museo della Vittoria di Mosca è stata allestita la mostra “Nazismo ordinario”. È stata ricreata una agghiacciante connessione tra origine e sviluppo dell’ideologia nazista in Germania e ciò che accade oggi in Ucraina
Kyiv – Molte testimonianze pervenute da amici e colleghi a Mosca ci permettono di approfondire un bizzarro progetto promosso e realizzato con il sostegno del fondo presidenziale per le iniziative culturali, menzionato mercoledì scorso su queste pagine. Dal 19 aprile e fino al 2 ottobre presso il Museo della Vittoria di Mosca – ribattezzato a marzo “The Victory MuZeum” – è stata allestita la mostra “Nazismo ordinario”. Al primo piano della Sala dei Generali i visitatori si trovano di fronte a una messinscena a dir poco agghiacciante, in cui reperti storici risalenti alla Seconda guerra mondiale precedono altri provenienti dall’attuale conflitto, nell’intento di creare una connessione tra origine e sviluppo dell’ideologia nazista in Germania e ciò che accade oggi in Ucraina. La sezione “Il nazismo oggi” propone una rassegna di falsi storici impressionanti, messi in scena per dimostrare un improponibile legame tra l’Oun (organizzazione dei nazionalisti ucraini) e il partito nazionalsocialista di Hitler. Una panoramica di tutto quel materiale –bandiere con la svastica su sfondo gialloblù, divise, accessori, libri – che in Occidente è stato ampiamente sbugiardato in quanto fake news della propaganda filorussa. Tutto ricorda molto le immagini diffuse dalle tv russe tempo fa che mostravano la cattura di un presunto neonazista ucraino in un set palesemente mal allestito, con tanto di copie del videogioco “The Sims” esibite per errore al posto di tessere sim del telefono forse volute dai registi di quell’obbrobrio. La sezione centrale della mostra è invece dedicata alla narrazione distopica dell’invasione iniziata nel 2014, fatta passare per guerra civile. Viene esposto uno scivolo per bambini attorniato da giocattoli, per rimarcare quello che viene definito “il genocidio nel Donbas”. Questa ricostruzione, talvolta diffusa anche da alcuni media nostrani, è forse quanto di più offensivo si possa rivolgere a un ucraino che abbia vissuto questa guerra iniziata otto anni fa. Esattamente come accaduto con Kramatorsk o Bucha, quando in tempi recenti qualcuno (anche in Italia) ha avuto la faccia tosta di sostenere che gli ucraini si fossero massacrati da soli. Colpisce la disinvoltura con cui la propaganda russa neghi le evidenze: a Zaporizhzhya alcuni ‘tecnici’ sono riusciti a spiegare agli ingegneri nucleari dell’Aiea che i missili che sembravano provenire da parte russa in realtà erano giunti da quella ucraina, dopo aver compiuto una u-turn di 180º prima di colpire l’obiettivo. Al secondo piano della Sala dei Generali trova invece spazio dal 22 giugno l’“Ordinary Natocism”: una carrellata di decine di articoli e materiale multimediale definito ‘informativo’ sull’Alleanza Nord Atlantica, presentata come prosecuzione del “nazismo ordinario”. Reperti provenienti da Rubizhne, Mariupol, Popasna, Severodonetsk ed effetti personali requisiti ai soldati del reggimento Azov sarebbero, per il Ministero della Cultura e la Società Storica russi, una testimonianza chiara del nazismo occidentale coraggiosamente combattuto dai russi. Alexander Shkolnik, direttore del museo sotto sanzioni occidentali per aver sistematicamente diffuso disinformazione, si dice certo che l’esposizione non lascerà nessuno indifferente.   Di Giorgio Provinciali

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