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Siccità senza buone intenzioni

Fuori concorso a Venezia 79, “Siccità” è l’ultimo grande film di Paolo Virzì. Il racconto di una società che sta collassando, di un mondo che sta finendo, ma con una fiammella di speranza
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Siccità senza buone intenzioni

Fuori concorso a Venezia 79, “Siccità” è l’ultimo grande film di Paolo Virzì. Il racconto di una società che sta collassando, di un mondo che sta finendo, ma con una fiammella di speranza
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Siccità senza buone intenzioni

Fuori concorso a Venezia 79, “Siccità” è l’ultimo grande film di Paolo Virzì. Il racconto di una società che sta collassando, di un mondo che sta finendo, ma con una fiammella di speranza
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Fuori concorso a Venezia 79, “Siccità” è l’ultimo grande film di Paolo Virzì. Il racconto di una società che sta collassando, di un mondo che sta finendo, ma con una fiammella di speranza
A Roma non piove da tre anni e la mancanza d’acqua stravolge regole e abitudini. Nella città che muore di sete e di divieti si muove un coro di personaggi, giovani e vecchi, emarginati e di successo, vittime e approfittatori. Le loro esistenze sono legate in un unico disegno, mentre ognuno cerca la propria redenzione. Presentato fuori concorso a Venezia 79, “Siccità” è l’ultimo grande film di Paolo Virzì. Il racconto di una società che sta collassando, di un mondo che sta finendo, ma con una fiammella di speranza. «Chissà se c’è un happy end, forse sì o forse no» ci dice scherzando lo stesso Virzì. «È il tentativo di provare a tradurre un sentimento dentro un film. Un sentimento di percezione di una minaccia, di paura e di sfiducia, di incertezza rispetto alle relazioni». Il regista livornese, che ieri ha ricevuto il Premio alla Carriera al Lucca Film Festival, ci presenta la sua ultima fatica come «un grande film collettivo, un mosaico di vicende, di storie di solitudini e di lotta per la sopravvivenza, di difficoltà e aridità personale. Abbiamo intrecciato l’allarme ambientale con quello sanitario, il formicolare di esistenze alla ricerca di consolazione, creando questa specie di preghiera laica, di desiderio di redenzione e salvezza». Virzì accende i riflettori su un’umanità che patisce, che si affanna per sopravvivere, che spera in una consolazione e in una fuga. “Siccità” prova «a restituire l’aria di terrore del tempo che stiamo attraversando» e affronta una sfida ambiziosa: «Abbiamo avuto la pretesa sfacciata e incosciente di maneggiare un tema così importante con gli strumenti della commedia umana, collocando tutti i personaggi in una specie di bilico tra il tragico e il farsesco, facendo emergere le loro meschinità, il loro lato ridicolo, vanesio, mitomane e infelice». Il regista di “Ovosodo” e “Il capitale umano” ha tracciato un solco nella commedia italiana, bersagliata negli ultimi tempi dal politicamente corretto. Il giudizio di Virzì è tranchant: «Io sono dell’idea che le storie non debbano essere sottoposte al vaglio della raccomandazione virtuosa». Devono semmai raccontare le imperfezioni e il lato scorretto della natura umana: «Non possiamo riempire lo schermo di buone intenzioni. L’arte del comico non può essere dominata dalla dittatura della suscettibilità. Anzi, dev’essere disturbante. Non siamo chiamati a fare i sermoni la domenica come il parroco a messa. Noi dobbiamo raccontare la natura umana nella sua verità sfacciata». Nonostante le numerose offerte ricevute dalle piattaforme tv, “Siccità” ha aspettato la nuova stagione cinematografica per poter risplendere nelle sale. Con una «caparbietà folle», Virzì e i suoi collaboratori hanno girato il film pensando esclusivamente al grande schermo e alla potenza delle immagini, un fattore che i player streaming non possono annoverare. “Siccità” arriverà in sala domani con Vision Distribution: «Con la promozione “Cinema in festa”, lo scorso 22 settembre abbiamo fatto un test con 240 copie: tutte sold out, un’improvvisa e gioiosa speranza». Di Massimo Balsamo

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