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Draghismo e incertezza politica

Dragando

L’Italia ragionevole non si senta estranea alla politica. C’è un atteggiamento della politica che lavora su nessi imperfetti che sta a noi tutti comprendere.

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L’Italia ragionevole non si senta estranea alla politica. C’è un atteggiamento della politica che lavora su nessi imperfetti che sta a noi tutti comprendere.

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L’Italia ragionevole non si senta estranea alla politica. C’è un atteggiamento della politica che lavora su nessi imperfetti che sta a noi tutti comprendere.

L’Italia ragionevole non si senta estranea alla politica. C’è un atteggiamento della politica che lavora su nessi imperfetti che sta a noi tutti comprendere.

Si può essere affascinati dal modo simmetrico con cui il presidente del Consiglio si muove. Anticipa quel che intende ottenere, media sui dettagli, pronto ad ascoltare le rimostranze e le esigenze di ciascuna forza politica, ne tiene il conto che si deve, ovvero poco, poi approfitta del fatto che gli interlocutori, nel frattempo, hanno detto di tutto a tutti e quindi li infilza in modo tale da non consentire a nessuno di dire: «Ce l’hai solo con noi». Perché spieda simmetricamente. Da ultimo, in un sol giorno, il Pass da un lato e la riforma della giustizia dall’altro. Taluno osserva: ha imparato subito le regole e si muove da consumato politico. La vedo diversamente, perché quelle sono le regole del potere, da millenni, e lui le pratica da decenni. La domanda è: con quale forza? Intanto con la debolezza altrui. Anche questa è una millenaria regola del potere. Mentre tanti andavano straparlando di Europa germanocentrica lui guidava la Banca centrale europea, la più potente istituzione compiuta, tenendo la Bundesbank in minoranza. Miracolo? No, calcolo: la banca centrale tedesca era su una posizione miope benché non priva di fondamenti, il governo tedesco la pensava diversamente e quindi la posizione di minoranza soddisfaceva sia quanti così ribadivano sia quelli che così apprezzavano il cambio di passo. La sua forza era avere un disegno, coerente con l’Unione europea realizzabile. E in Italia? Oltre alle divisioni altrui, qui è il garante dei finanziamenti europei. E può approfittare della progressiva separazione fra i proclami partitici e la realtà dell’Italia. Due esempi. Sono settimane che si parla di quelli che non vogliono vaccinarsi, nel mentre non solo la maggioranza è già vaccinata ma fra quanti non lo sono ancora la stragrande parte aspira a esserlo. Solo che mancano le dosi. Parliamo degli insegnanti e dell’eventuale obbligo a immunizzarsi ma trascuriamo il fatto che, in questo momento, l’85% ha già ricevuto almeno una dose (il 78% due). In diverse regioni siamo alla totalità. A buttare giù la media sono problemi localizzati, come in Sicilia (57%) o Bolzano (62). Quindi non è un problema di insegnanti ma di amministrazione vaccinale. La corsa a intestarsi una roba inferiore al 10% consente a Draghi di intestarsi più del 90%. Secondo esempio: se gli avversari della riforma della giustizia sono quelli che vogliono che resti com’è, ovvero la peggiore d’Europa, o a criticare pensa di potere essere il Consiglio superiore della magistratura – ovvero l’organismo massimo responsabile del discredito della categoria che dovrebbe governare – è troppo facile rivolgersi all’Italia non corporativizzata e indicarli come ostacoli da saltare d’un balzo, non coscienze alate di cui tenere conto. Come si traduce questo in consenso politico, quindi in futuri assetti parlamentari? Non si traduce. Questo è il problema. Manca il nesso. Mentre l’Italia inerte e bizzosa viene dragata, portando via dal fondo posizioni insostenibili, quel lavoro non ha un collegamento con quel che gli elettori trovarono o troveranno (forse) nelle schede elettorali. È un problema serissimo. Ma non di Draghi. Dovrebbero porselo gli altri e se chi si dimena sulla scena è affetto da nanismo culturale e politico, quel problema diventa di altri, dell’Italia ragionevole. Forse è ora che non si senta e si pretenda estranea alla politica.

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