Lavoratori garantiti e non disposti a garantire
I sindacati si sfilano dall’obbligo del Green Pass mentre gli insegnanti seminano mine strumentali sul percorso del rientro in classe. L’urlo di chi scansa la comodità dei doveri.
Lavoratori garantiti e non disposti a garantire
I sindacati si sfilano dall’obbligo del Green Pass mentre gli insegnanti seminano mine strumentali sul percorso del rientro in classe. L’urlo di chi scansa la comodità dei doveri.
Lavoratori garantiti e non disposti a garantire
I sindacati si sfilano dall’obbligo del Green Pass mentre gli insegnanti seminano mine strumentali sul percorso del rientro in classe. L’urlo di chi scansa la comodità dei doveri.
I sindacati si sfilano dall’obbligo del Green Pass mentre gli insegnanti seminano mine strumentali sul percorso del rientro in classe. L’urlo di chi scansa la comodità dei doveri.
Il garantito che non garantisce non è una figura nuova nel panorama sociale e politico italiano e non solo. A ben vedere è nient’altro che l’attualizzazione del vecchio vizio di pensare prima a sé stessi, focalizzandosi sugli interessi propri e solo dopo, e superficialmente, su quelli degli altri.
Un atteggiamento che scardina ogni tipo di comunità perché mette gli uni contro gli altri: e normalmente vince il più forte o il garantito super. Nelle conglomerazioni globalizzate, di cui facciamo parte, la trasfigurazione di quel tipo di egoismo avviene attraverso la Vandea dei diritti con annesso urlo rivendicatorio, relegando in secondo piano (ma anche terzo, quarto et cetera) la scomodità dei doveri.
Sono considerazioni che balzano irrefrenabili guardando a quanto avviene nella scuola e nel sindacato relativamente agli obblighi imposti dal Green Pass. Si tratta di due aree da sempre serbatoio di voti e di cultura di grande livello per la sinistra.
Sono anche segmenti garantiti, nel senso che – fermi restando i disastri prodotti dalla pandemia sul versante occupazionale – sul fronte scolastico sono lavoratori pubblici con stipendio a fine mese e per il sindacato sono operai che un posto ce l’hanno, con relativa mensa. Ebbene desta sconcerto che queste aree, che in teoria dovrebbero essere focolai di buoni esempi e di senso di responsabilità, di fronte ai vaccini abbiano assunto posizioni scettiche, apparendo continuamente alla ricerca di pretesti per evitare le somministrazioni.
Difendere i diritti di chi non vuole vaccinarsi è legittimo, ma scuola e sindacato, cioè formazione e lavoro, dovrebbero assicurare e tutelare anche i diritti di chi non vuole correre il rischio di essere contagiato.
In generale dovrebbero fornire un sostegno vero e approfondito agli sforzi del governo per assicurare il massimo risultato alla campagna di vaccinazione, unico antidoto alla diffusione del Covid. Accade invece il contrario: dilagano perplessità e resistenze e succede che i metalmeccanici, una volta aristocrazia operaia dedita all’interesse generale, puntino a sfilarsi.
Mentre gli insegnanti, che sono a contatto con i giovani e più di tutti dovrebbero avere a cuore la loro salute, seminino di mine strumentali il percorso del rientro in classe, finalmente nonché sperabilmente senza Dad. Aspettano che l’esecutivo decreti un obbligo, in modo da scaricarsi la coscienza.
Sono garantiti (salariali) che non garantiscono (il diritto alla salute).
Un paradosso nefasto. «Ci vorrebbe un sindacato dei ragazzi» ha detto l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer.
Meno autoreferenziale, please.
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di Carlo Fusi
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