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Nasrallah Israele

Nasrallah nel mirino di Israele

Hassan Nasrallah è vivo o morto? L’ennesimo attacco israeliano nella capitale libanese Beirut rende lecito il dubbio

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Hassan Nasrallah è vivo o morto? L’ennesimo attacco israeliano nella capitale libanese Beirut rende lecito il dubbio

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Hassan Nasrallah è vivo o morto? L’ennesimo attacco israeliano nella capitale libanese Beirut rende lecito il dubbio

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Hassan Nasrallah è vivo o morto? L’ennesimo attacco israeliano nella capitale libanese Beirut rende lecito il dubbio

Hassan Nasrallah è vivo o morto? L’ennesimo attacco israeliano nella capitale libanese Beirut rende lecito il dubbio, mentre alte nubi salgono in cielo nel luogo dove – secondo Gerusalemme – si sarebbe trovato il leader di Hezbollah. Al momento in cui scriviamo sappiamo che – secondo fonti israeliane – Hassan Nasrallah sarebbe morto durante i massicci raid israeliani mentre fonti di Hezbollah dicono che Nasrallah “non è raggiungibile”. Non abbiamo conferme della sua eliminazione, sebbene pare che il bombardamento abbia devastato un palazzo in cui si stava davvero svolgendo una riunione di alto livello del gruppo terrorista. Benjamin Netanyahu ha comunque deciso di anticipare il suo ritorno in patria da New York, dov’era intervenuto al Palazzo di vetro dell’Onu.

La visita negli Stati Uniti riguardava anche la bozza di cessate il fuoco, che aveva confermato di star valutando. Una proposta apparentemente contraddittoria, vista la recente fornitura a Gerusalemme di quasi 8 miliardi di euro di armi da parte di Washington. Tuttavia sono facce della stessa medaglia diplomatica: si può trattare sui dettagli di cosa possa essere legittimamente compreso nella sicurezza di un Paese, ma non si può ignorare il diritto d’Israele a difendere la propria esistenza.

Le armi stanziate dal Pentagono fungono quindi da laudano per la comprensibile ansia israeliana nel vivere accerchiati da nemici pronti a cogliere ogni momento di debolezza o distrazione, come nel caso del 7 ottobre 2023. E se la condotta equivoca e torbida di Israele nei confronti delle ballerine demarcazioni in Cisgiordania è nota, rendendo problematico qualsiasi appoggio militare, da quasi un anno abbiamo la dimostrazione che la soluzione proposta dai gazei si è dimostrata assai peggio del problema. Tanto che da una parte i palestinesi sono in balìa della cleptocrazia di Fatah (la cui fame di mazzette fece desistere persino Gino Strada dall’aprire un ospedale di Emergency a Ramallah), dall’altra il destino di Gaza è stato segnato dall’arroganza sanguinaria di Hamas.

Netanyahu si è recato all’Onu per spiegare per l’ennesima volta questa visione israeliana della crisi: si è trattato di un discorso pro domo sua (incidentalmente culminato con la tentata eliminazione di Nasrallah) e non poteva essere altrimenti, ma partire da esso è il minimo per rompere i ciclI delle violenze che scandiscono il Medio Oriente. Per diciotto anni si è tollerato che Hezbollah occupasse il confine meridionale del Libano, nonostante fosse stato deciso il contrario nella più alta sede istituzionale dell’Onu stesso, e il dettaglio più assurdo è che dopo giorni di bombardamenti intensissimi l’arsenale di Hezbollah si è appena dimezzato (almeno secondo le stime).

L’organizzazione suprematista sciita di Nasrallah negli anni è infatti cresciuta a dismisura fino a diventare uno Stato nello Stato. In pratica il sogno di Totò Riina per la mafia siciliana, traslato a Beirut e sponsorizzato dall’Iran degli ayatollah. «Hezbollah ha ucciso più statunitensi e francesi che al-Qaida, ma le è stato permesso di prosperare» ha ricordato Netanyahu all’Onu. Persino la gigantesca esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020 è ancora senza un colpevole, proprio perché sarebbe invece da rintracciare fra gli sciiti più fanatici. Intoccabili, nei delicati equilibri confessionali del Paese dei Cedri. Equilibri grotteschi che i missili israeliani stanno facendo a pezzi meticolosamente. Quegli stessi sunniti e cristiano maroniti che nel 2006 inneggiavano a Hezbollah contro Israele, adesso aggrediscono le parate in moto dei militanti sciiti. Continuano a essere intoccabili, ma ora nel senso indiano di paria.

Nonostante la proposta internazionale, il bombardamento di Beirut è l’ennesima conferma di quanto sia difficile che Israele si fermi prima di aver disarmato il nemico. Un proposito che lascerà il Libano con un vuoto di potere che potrebbe dimostrarsi la sua salvezza oppure il colpo di grazia finale per uno dei pochi Stati pienamente multiconfessionali del Medio Oriente.

di Camillo Bosco

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