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Trump Vance social

Trump, Vance e l’uso politico dei social network

Pare chiaro che sull’uso politico dei social network vi sia una spiacevole sintonia fra l’amministrazione Trump e il sistema di potere putiniano. Il discorso pronunciato il 14 febbraio da J. D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza è stato in questo senso emblematico

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Trump, Vance e l’uso politico dei social network

Pare chiaro che sull’uso politico dei social network vi sia una spiacevole sintonia fra l’amministrazione Trump e il sistema di potere putiniano. Il discorso pronunciato il 14 febbraio da J. D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza è stato in questo senso emblematico

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Trump, Vance e l’uso politico dei social network

Pare chiaro che sull’uso politico dei social network vi sia una spiacevole sintonia fra l’amministrazione Trump e il sistema di potere putiniano. Il discorso pronunciato il 14 febbraio da J. D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza è stato in questo senso emblematico

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Pare chiaro che sull’uso politico dei social network vi sia una spiacevole sintonia fra l’amministrazione Trump e il sistema di potere putiniano. Il discorso pronunciato il 14 febbraio da J. D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza è stato in questo senso emblematico

Pare chiaro che sull’uso politico dei social network – dunque anche sulla legittimità di quella che oggi viene chiamata guerra ibrida – vi sia una spiacevole sintonia fra l’amministrazione Trump e il sistema di potere putiniano. Il discorso pronunciato il 14 febbraio da J. D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza è stato in questo senso emblematico.

Il vice presidente degli Stati Uniti ha, di fatto, accusato i Paesi europei di aver perso aderenza con i princìpi liberali e democratici su cui si fonda l’Occidente, il che – sia detto per inciso – è esattamente il timore che le classi dirigenti europee hanno nei confronti di Trump. L’accusa di Vance è stata esplicita: avete fatto strame del diritto alla libertà di opinione. Le prove esibite sono il tentativo di regolamentare i social network, l’annullamento delle elezioni in Romania a causa della massiccia opera di disinformazione russa, le critiche alla ‘putinizzazione’ di X, l’ostracismo dei sistemi democratici nei confronti dei partiti di estrema destra come l’AfD tedesca. «Credere nella democrazia significa comprendere che ogni nostro cittadino ha saggezza e ha voce» ha ammonito Vance.

Impancandosi in difesa della libertà di opinione, il vice presidente americano ha affermato un principio condivisibile (chi scrive ritiene che tutte le opinioni dovrebbero essere legittime, anche le più aberranti) ma ha trascurato il fatto che nei sistemi liberali tale diritto deve necessariamente accompagnarsi al principio della responsabilità individuale: tu puoi dire tutto quello che vuoi, ma devi poter rispondere di tutto quello che dici.

Il problema è che il principio della responsabilità individuale è completamente estraneo alla logica dei social. I gestori non sono responsabili di quel che viene pubblicato; gli utenti, cui è garantito l’anonimato, non sono responsabili di quel che dicono. Facile comprendere come – nell’epoca in cui la metà dell’elettorato si forma esclusivamente su X, TikTok, Instagram e via elencando – tutto ciò ponga un serio problema ai sistemi democratici e a chi della democrazia ha una visione liberale. Visione che non è detto appartenga a Donald Trump e che di sicuro non appartiene a Vladimir Putin.

Ad esempio. Per aver espresso un’opinione – il paragone, storicamente fondato, tra le guerre di aggressione di Hitler e le guerre di aggressione di Putin – il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella è stato aggredito e minacciato da una funzionaria del Ministero degli Esteri russo, diverse infrastrutture italiane sono state attaccate dagli hacker di Putin, orde di bot post-sovietici hanno isolato e verbalmente aggredito chiunque sui social osasse sostenere che Mattarella avesse espresso una tesi condivisibile e persino ovvia.

Se, come sosteneva Luigi Einaudi, il liberalismo è “la dottrina dei limiti”, il concetto stesso di limite mal si adatta allo spirito trumpiano, alle dinamiche dei social network, al sistema autocratico putiniano. Il criterio che accomuna questi tre mondi è, essenzialmente, il criterio della forza. Tutto quel che è possibile è legittimo. Il vecchio ordine geopolitico occidentale fondato sulla condivisione di princìpi liberaldemocratici e sul concorde rispetto di regole comuni sembra essere ormai saltato. Siamo all’anno zero, all’alba di un nuovo mondo. Un mondo i cui princìpi e le cui linee di frattura sono ancora da individuare. L’unica legge in vigore, oggi, è quella della giungla. È la legge che governa i social network; quei social network che Vance pervicacemente difende e che Putin spregiudicatamente utilizza.

di Andrea Cangini

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