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Per tornare a contare i partiti siano all’altezza del loro nome

La fine dei partiti intesi come portatori di una visione coerente su quale tipo di società proporre al Paese, scavalcati dalle firme digitali.
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Per tornare a contare i partiti siano all’altezza del loro nome

La fine dei partiti intesi come portatori di una visione coerente su quale tipo di società proporre al Paese, scavalcati dalle firme digitali.
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Per tornare a contare i partiti siano all’altezza del loro nome

La fine dei partiti intesi come portatori di una visione coerente su quale tipo di società proporre al Paese, scavalcati dalle firme digitali.
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La fine dei partiti intesi come portatori di una visione coerente su quale tipo di società proporre al Paese, scavalcati dalle firme digitali.
Due eventi, anche se sottotraccia, sembrano essersi affacciati ultimamente con prepotenza sullo scenario politico italiano. Il primo è la fine dei partiti intesi come portatori di una visione coerente su quale tipo di società proporre al Paese. Infatti con Draghi il loro unico balbettio è concentrato su aspetti marginalissimi – per quanto oggetto di infinite discussioni – della vita degli italiani: a chi vada esteso il Green Pass, se si debbano aprire teatri e cinema per la loro intera capienza, et cetera.

Roba da talk show di seconda fascia, insomma.

Tutti gli aspetti epocali, e quindi eminentemente politici della nostra società (clima, transizione tecnologica, politica internazionale con la Cina nuova protagonista, et cetera) sono stati invece lasciati al governo. Il secondo evento è un fatto solo in apparenza tecnico, mentre invece rischia di rivoluzionare dalle fondamenta il nostro sistema istituzionale: è stata introdotta la possibilità di sottoscrivere con lo Spid la richiesta di un referendum – ma tra poco se ne parlerà ovviamente anche per il voto, politico e amministrativo.

Ciò significa che da qui a poco sarà facilissimo votare elettronicamente, non solo raccogliere firme per indire nuovi referendum.

Ma votare da casa significherà, anche, cambiare i meccanismi tecnici e quindi psicologici con i quali gli elettori esprimono le loro preferenze. È prevedibile, inoltre, un aumento significativo del numero dei votanti – con il ritorno al voto di chi è presumibilmente deluso, disaffezionato o ipercritico verso il sistema o ceto politico che ci rappresenta. Indipendentemente dalle barricate che quest’ultimo prevedibilmente innalzerà per mantenere il monopolio della produzione legislativa in Italia, si è aperto un varco che non sarà affatto facile richiudere, e per un motivo semplicissimo: la classe politica non è mai stata tanto debole come adesso – basti pensare alla subordinazione psicologica, ormai più che ventennale, verso la magistratura – e quindi non avrà la forza di impedire che i cittadini conquistino molta parte della sua facoltà di legiferare. Sarebbe perciò auspicabile che i partiti politici – finché sono in tempo – riprendano la funzione per la quale vengono votati: guidare il cambiamento e la trasformazione della società verso i nuovi traguardi che la tecnologia, la nuova domanda di partecipazione e lo scenario internazionale ci presentano.   Di Nicola Rocco

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