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Non siamo una fotografia del ’97, parlano i Jalisse

Le parole dei Jalisse, fra i protagonisti dell’edizione 2024 di “Una voce per San Marino” dopo esser tornati come ospiti a Sanremo a 27 anni dall’ultima apparizione all’Ariston

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Sono appena stati fra i protagonisti indiscussi dell’edizione 2024 diUna voce per San Marino”, dopo esser tornati come ospiti a Sanremo a 27 anni dall’ultima apparizione all’Ariston. Stiamo parlando di Fabio Ricci e Alessandra Drusian, in arte i Jalisse. «Le emozioni nel tornare a fare una gara dopo quasi trent’anni, con la possibilità di rappresentare San Marino per l’Eurovision, sono state incredibili. Mentre cantavo la mia saliva è arrivata a zero, ma è stato bello perché ero immersa in quelle emozioni» ci ha confidato Drusian. I Jalisse hanno presentato in gara il brano “Il paradiso è qui”: «Lo abbiamo scritto appositamente per l’occasione e ci è parso perfetto perché crediamo fortemente nei valori umani, nei sentimenti. Non ci rendiamo conto di quanta violenza si genera: seminare male significa raccogliere male» racconta Ricci. «È quasi una lettera aperta, per alcuni scritta in un campo di battaglia, per altri nella battaglia della vita quotidiana. Per ricordarci che la parte più buona di noi è sempre quella che ci aiuta a sollevarci».

Diversamente dalla stragrande maggioranza di ciò che si ascolta oggi, questo è un brano che si fa portatore di un messaggio e dice chiaramente no alla guerra: «Siamo cantautori vecchio stile, scriviamo ancora con carta e penna. È inutile ascoltare Battisti e De André per poi scrivere di soldi, sesso, auto e droga. Non è questo lo stile di vita dei Jalisse e non è la nostra filosofia. Siamo una famiglia sia sul palco che nella vita e per noi è fondamentale essere responsabili dei messaggi che veicoliamo, ma non da un piedistallo». Nel corso di questi anni lontano dai riflettorima sempre attivo nel mondo della musicail duo romano ha realizzato diversi progetti, anche se non sempre se ne è parlato: «“Cantautori nelle scuole” è stata un’iniziativa che abbiamo portato nelle scuole dell’Aquila subito dopo il terremoto. Abbiamo aiutato i ragazzi a tirar fuori le loro paure e i loro desideri» sottolinea Ricci. «Non ci interessa essere primi in classifica, fare numeri. Siamo un’etichetta indipendente dal 1993, quando le major non erano interessate alla voce di Alessandra, io ero ancora soltanto il suo promoter e cercavo di farla conoscere. Le dissi che avremmo fatto da noi».

Da lì a qualche anno fu “Fiumi di parole” che portò alla vittoria a Sanremo nel 1997 e al quarto posto all’Eurovision Song Contest. Una canzone che ancora oggi è parte della vita di tanti italiani: «Quando Claudio Ranieri vinse la Premier League con il Leicester disse della sua squadra che era stata nel calcio quello che i Jalisse erano stati per la musica. “Fiumi di parole” non è più soltanto la nostra canzone, è la canzone della gente ed è un privilegio. Quando ci chiedono se non siamo stufi di cantarla ogni volta, rispondiamo di no: è una fortuna aver scritto un pezzo così». Com’è stato tornare a Sanremo quest’anno? «Salire sul palco dell’Ariston senza aver provato non è da tutti, ci vuole coraggio e un po’ di incoscienza, ancora di più di quando ci salimmo nel 1997. Fare una brutta figura è un attimo. Ma poi ci siamo detti che era la nostra occasione: andiamo e divertiamoci. Per certi aspetti abbiamo rivissuto le stesse sensazioni di allora, con la scaletta che porta al palco, l’adrenalina che sale… Ma una volta sulla pedana è stato come esser tornati a casa».

I Jalisse sono in tour in Italia in questi giorni, in attesa dell’Eurovision Song Contest International Tour che da ottobre li porterà sui palchi di tutta Europa in rappresentanza del nostro Paese.

di Federico Arduini

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