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Israele non sia mai isolato, parla Stefano Parisi (Associazione Setteottobre)

Allo scontro fra Israele e Hamas si sono aggiunti il fronte iraniano e quello libanese, sempre più caldo. Le parole di Stefano Parisi, presidente dell’Associazione Setteottobre

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«Siamo sull’orlo del baratro» ha dichiarato allarmato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Allo scontro fra Israele e Hamas si sono aggiunti il fronte iraniano e quello libanese, sempre più caldo. Il rischio di escalation preoccupa ben oltre i confini mediorientali, ma il lancio di droni di Teheran ha anche segnato una svolta: «Per la prima volta negli ultimi mesi Israele non è più isolato, c’è stata una reazione dei Paesi occidentali (in particolare Usa, Regno Unito e Francia) ma anche di alcuni Stati mediorientali come Giordania e Turchia, che ha chiuso il proprio spazio aereo» spiega Stefano Parisi, presidente dell’Associazione Setteottobre. Israele ha ricevuto supporto anche dalla cosiddetta Nato del Medio Oriente, che raggruppa i Paesi sottoscrittori degli Accordi di Abramo (Arabia Saudita, Bahrein, Marocco) accomunati dalla prevalenza sunnita in contrapposizione all’Iran sciita.

«Si è aperta una fase nuova, con un segnale forte all’Iran che potrebbe far sperare che non ci siano nuove aggressioni, anche se resta l’incognita di Hezbollah, che risponde a Teheran» prosegue Parisi, che commenta il G7 delle scorse ore: «È stato orientato a limitare e augurarsi una de-escalation, ma non va perso di vista il punto centrale: se si vuole che davvero Israele da adesso in poi proceda nell’ambito di un accordo internazionale, occorre che dai Paesi che lo hanno sostenuto sabato scorso arrivi un chiaro messaggio che sono al suo fianco nella lotta al terrorismo. Tel Aviv non può essere lasciata di nuovo sola. Ora è chiaro a tutti che l’Iran ha un intento egemonico in tutta l’area e che dietro il regime degli ayatollah ci sono Russia e Cina, che hanno interesse a indebolire l’Occidente da un punto di vista militare e politico. Israele è un avamposto e va sostenuto. Questo può anche riportare un clima di fiducia nel governo di Tel Aviv, arginando le logiche aggressive che vi sono al suo interno».

A chi punta il dito sulla presunta mancata volontà di un cessate il fuoco israeliano, sostenuta dal premier Benjamin Netanyahu, Parisi risponde che «Netanyahu ha gravi responsabilità per aver governato per 15 anni consentendo l’arrivo di ingenti quantità di denaro ad Hamas, che a Gaza si è dotata di un arsenale senza precedenti, come nel Sud del Libano dove oggi i cittadini avvertono lo scavo di tunnel da parte di Hezbollah per entrare nei kibbutz israeliani. L’errore politico e strategico del premier israeliano è indubbio, ma quanto accaduto il 7 ottobre avrebbe portato chiunque – anche Ben Gurion – alla stessa opzione militare». Per l’opinione pubblica israeliana gli ostaggi rappresentano uno smacco e una drammatica ferita, liberarli è una priorità: «A Gaza oggi c’è già un cessate il fuoco di fatto e l’Occidente deve capire cosa sta vivendo la popolazione civile israeliana».

Anche per questo l’Associazione Setteottobre ha presentato «un’informativa perché la Corte penale internazionale indaghi Hamas per crimini contro l’umanità» conferma Laura Guercio, avvocato penalista con abilitazione presso la Cpi e docente universitaria di Relazioni internazionali. «Lo stesso ufficio del prosecutor della Corte già il 30 ottobre scorso aveva parlato di “orrore”. Esistono difficoltà procedurali nella raccolta delle informazioni, la situazione è delicata, ma ci auguriamo tempi celeri nel fare chiarezza dal punto di vista giuridico su quanto accaduto il 7 ottobre, per dare pace alle vittime di violenze, stupri, abusi, uccisioni e imprigionamento» conclude Guercio.

di Eleonora Lorusso

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