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Albert Redusa Levy di PR & Go Up

Il viaggio di Albert Redusa Levy di PR & Go Up

Albert Redusa Levy, CEO di PR & Go Up, ci racconta il viaggio di oltre trent’anni nel mondo della comunicazione e del turismo italiano e non solo
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Il viaggio di Albert Redusa Levy di PR & Go Up

Albert Redusa Levy, CEO di PR & Go Up, ci racconta il viaggio di oltre trent’anni nel mondo della comunicazione e del turismo italiano e non solo
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Il viaggio di Albert Redusa Levy di PR & Go Up

Albert Redusa Levy, CEO di PR & Go Up, ci racconta il viaggio di oltre trent’anni nel mondo della comunicazione e del turismo italiano e non solo
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Albert Redusa Levy, CEO di PR & Go Up, ci racconta il viaggio di oltre trent’anni nel mondo della comunicazione e del turismo italiano e non solo
Trent’anni fa, il giovane team di Espresso Communications accetta una scommessa quasi impossibile da vincere: candidarsi ad una gara per il Ministero del Turismo Francese contro competitors già acclamati. Con lo slogan “Prêt-à-partir” conquistano la Francia e non solo, diventando uno dei player di comunicazione in ambito turistico più acclamati d’Europa. Un viaggio nel mondo della comunicazione attraverso il racconto di Albert Redusa Levy, Chief Executive Officer di PR & Go Up. Come è nata PR & Go Up? Nasce circa trent’anni fa a Torino prima di trasferirsi a Milano un anno e mezzo dopo. Io arrivavo già dal mondo del turismo, così come alcuni miei soci iniziali ed altri tutt’oggi in azienda,  abbiamo iniziato a lavorare con i primi clienti nel turismo vincendo la prima gara per la destinazione Cuba. C’è un aneddoto divertente sul nostro primo lavoro. Eravamo giovanissimi e partecipammo quasi per scommessa ad una gara per il Ministero del Turismo Francese contro competitors già acclamati. Vincemmo la gara con una campagna lontanissima dalle aspettative dell’ente, abituatio a uno stampo classico. La nostra si chiamava “Prêt-à-partir”, coniando un slogan che alludeva all’espressione francese del Prêt-à-porter effettivamente esistente in lingua francese. La domanda che ci ponemmo era: “Ma gli italiani conoscono davvero la Francia?”. Così costruimmo una campagna promozionale per l’intero territorio valorizzando in particolare regioni francesi sconosciute dal pubblico italiano e fu un successo, raggiungemmo l’obiettivo di 8milioni di italiani in Francia, rispetto ai 6milioni degli anni precedenti. Da lì la macchina è partita: nel 1998 vincemmo la gara per la Repubblica Dominicana e poi, Israele nel 2000, nel 2007 il Marocco, chiamati dall’allora Ministro del turismo in persona, per riportare in Italia un linguaggio corretto del Paese, sdoganando ed eliminando le discriminazioni allora esistenti e posso dire, con orgoglio, che è stato un altro importante gol per noi. Negli anni successivi Singapore, il Salisburghese, la Tunisia, la Corsica, il Portogallo, sino a circa quattro anni fa dove abbiamo iniziato riposizionare la Valtellina, in precedenza un po’ la “Cenerentola delle Alpi”. Una scommessa che devo dire stiamo vincendo con soddisfazione non solo nostra ma soprattutto dei nostri clienti. La vostra agenzia ancora oggi è leader nella comunicazione turismo, hospitaly e trasporti. Quali sono le differenze di comunicazione tra tali settori? Settore hospitaly e trasporti hanno due linguaggi di comunicazione totalmente diversi. Alberghiera vende ad esempio il comfort, l’ubicazione e lo stile dell’albergo, il lusso, mentre i trasporti (esclusi i long courrier) principalmente il prezzo e la fascia oraria. L’hospitality poi, predilige molto il coinvolgimento della stampa e le PR mentre il trasporto utilizza degli strumenti pratici e commerciali, nel primo caso operiamo con varie catene alberghiere tra cui Relais & Chateaux, mentre nel trasporto, da Cathay Pacific a Qatar Airwais, sino a Corsica Ferries. Se noi guardiamo anche alle destinazioni e al modo in cui venivano vendute un tempo, ci accorgiamo subito dei cambiamenti comunicativi. Siamo passati dal vendere una destinazione come ‘sexy e appetibile” a renderla un brand in cui potersi immergere, spesso utilizzando il pay off per chiarire l’aspirazione della destinazione stessa e lavorando tanto su caption che diano valore a ciò che si presenta. Il Covid ha cambiato il turismo e le richieste dei clienti? Moltissimo. Il Covid ha interrotto quella che poteva essere l’idea di vacanza perfetta in villaggio per settimane, ora rimasta forte solo in un target medio-basso, mentre ha portato la Gen Z e i Millenials verso una maggiore consapevolezza della propria idea di vacanza. Si è creata una frammentazione del comparto: oggi noi parliamo a diversi target anche nella stessa fascia d’età o realtà socioeconomica. Tornando indietro di dieci anni, la vacanza era il villaggio, il “è qui la festa!”, l’evoluzione del prodotto creato in Francia da M. Trigano il Club Mediterranee arrivato in Italia e trasformato da nuovi brand. La meta era il divertimento, il cibo era italiano, spostandosi dunque solo relativamente dalla propria comfort zone. Oggi, al contrario, le nuove generazioni ricercano l’autenticità del territorio, sono più curiose si informano, c’è più ricerca poco mediata da Agenzie di Viaggi o tour operator, un settore ormai quasi dimezzati sul territorio. Questo fenomeno ci ha obbligato a cambiare totalmente il nostro linguaggio. Qual è il ruolo oggi degli influencer in ambito turistico? E quale sarà il futuro di queste figure? È un fenomeno importante ma secondo me nel futuro andrà a razionalizzarsi e normalizzarsi. Sono figure utilissime nella prima promozione di un territorio tanto quanto altri strumenti, magari meno urlanti come l’advertising puro, mentre gli influencer li collocherei nel below the line marketing e attrattivi soprattutto per le generazioni Z e Millennial, ci coinvolgono e come diceva J.Seguela: “Compra questo e diventerai una star”. In che modo l’IA può impattare la comunicazione? Lo sto già facendo notevolmente! Nel turismo è un orizzontale: può aiutare noi nel darci un’analisi più particolare su una campagna. Come un approfondimento culturale, un “essere” molto dotto che aiuta, ma non offre cultura o il mix tra pensiero e cultura questo resta felicemente ancora in mano ai creativi e all’uomo e a mio avviso lo sarà anche in futuro, poiché la creatività non può essere razionale. Dalla parte dell’analisi consumer, l’IA ha un modo totalmente diverso di porsi. È capace di individuare meglio il target e aiutarci persino a precedere alcune tendenze. Consideriamo che il turismo è un prodotto caro: secondo il Censis noi spendiamo circa il 18% in trasporti, di varia natura, quindi le nostre scelte turistiche incidono fortemente sul nostro reddito. Inoltre le abitudini cambiano e sono convinto che l’IA possa aiutarci ad anticiparle. Nei suoi trent’anni di lavoro, che idea si è fatto della comunicazione del futuro? Cosa cambierà? Non si andrà per sottrazione ma per addizione, quindi cambieranno semplicemente i pesi. L’advertising tradizionale scenderà verso i target bassi o sui prodotti di largo consumo, se dovessi clusterizzare, prenderà il sopravvento tutto quello che sarà un sistema che possa influenzare in modo diretto: dalle PR agli influencer, per intenderci ed anche i social non magari quelli attuali e questo in parte lo stiamo già vedendo. La comunicazione su stampa oggi trasformata in digitale sta già modificando i sistemi di comunicazione, fornendo sugli abbonamenti, contenuti privi di pubblicità o solo pubblicità targetizzata. Questo per il sistema è indubbiamente penalizzante perché limita la conoscenza, la comunicazione è anche informazione in molti casi, ma purtroppo questa tendenza evolverà ancora. Infine, abbiamo parlato prima dell’IA: personalmente ho il timore che vada ad impigrire l’uomo, privandolo della sua creatività e conoscenza diretta. È un’ipotesi, magari pessimistica, ma spero un giorno di sbagliarmi. di Raffaela Mercurio

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