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Lorenza Bassetti Ad Mirabilia

Lorenza Bassetti di Ad Mirabilia, passione comunicazione

Lorenza Bassetti, fondatrice e CEO di Ad Mirabilia, ci racconta il passato e il presente della comunicazione tra passione e costante evoluzione
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Lorenza Bassetti di Ad Mirabilia, passione comunicazione

Lorenza Bassetti, fondatrice e CEO di Ad Mirabilia, ci racconta il passato e il presente della comunicazione tra passione e costante evoluzione
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Lorenza Bassetti di Ad Mirabilia, passione comunicazione

Lorenza Bassetti, fondatrice e CEO di Ad Mirabilia, ci racconta il passato e il presente della comunicazione tra passione e costante evoluzione
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Lorenza Bassetti, fondatrice e CEO di Ad Mirabilia, ci racconta il passato e il presente della comunicazione tra passione e costante evoluzione
Lorenza Bassetti è una donna che ha scelto la comunicazione ancor prima che fosse, per certi versi, di moda. La comunicazione fatta di relazioni e dell’entusiasmo di un settore lavorativo da creare ex novo, anticipando le mode, fiutando le tendenze. Una storia tutta al femminile di impegno e costanza che trova il suo lieto fine nell’agenzia di PR e marketing communication Ad Mirabilia, fondata dalla Bassetti nel 1990, e che in 30 anni passa da 0 a oltre 300 clienti. Con un futuro ancora tutto da scrivere.   Da dove nasce la sua passione per la comunicazione che l’ha portata poi a fondare Ad Mirabilia? È una storia che inizia nei primi anni 90’. Ero molto giovane e non c’erano neanche gli studi veri e propri di relazioni pubbliche, quindi ho studiato lingue, mi sono laureata e poi ho avuto un’occasione per cui sono riuscita a inserirmi nel mondo delle PR quasi senza sapere cosa fossero. Ho iniziato a lavorare in questo mondo un po’ per caso ma mi è da subito piaciuto moltissimo e mi ci sono lanciata, iniziando in una piccola agenzia di PR ma molto ben posizionata al tempo. Quali erano le sue passioni all’epoca? Premetto che sono partita dal mondo della moda, proprio negli anni del suo boom in Italia. Acquisite le esperienze necessarie ho voluto fare il grande salto: aprire la mia agenzia, da sola, con quello spirito un po’ incosciente di chi ama ciò che fa e ci crede molto. In un mondo della comunicazione, quello degli anni ’90, tutto da riorganizzare, vero? Sì, infatti era una professione che ancora ti cucivi addosso. Io ho avuto la fortuna di lavorare con una donna molto capace che mi ha fatto appassionare a questo lavoro. Allo stesso tempo, erano anni in cui non si usava neanche il computer a lavoro, cosa impensabile adesso. Avevo capito le cose sarebbero presto cambiate così, quando ho aperto Ad Mirabilia, ero estremamente entusiasta verso il futuro. Ho pensato: “Se va bene, bene, altrimenti cerco un lavoro”. È stata una scelta molto spontanea. Tra l’altro una storia tutta al femminile, un tema in questo periodo molto caldo. A pensarci oggi possiamo dire che è stata una pioniera Nel nostro settore sono molto spesso le donne che eccellono. Io mi sono appassionata molto e mi è sembrato di avere le doti. Il motivo che mi ha spinto ad aprire la mia agenzia era quello di provare a cambiare il modo di comunicare: non più solo una bella rubrica fitta di contatti (unico status che rendeva le persone bravi comunicatori all’epoca) ma il desiderio di lavorare e affinare la strategia comunicativa vera e propria. Ci ho messo del tempo perché sono partita in proprio e senza clienti. Ho bussato a un po’ di porte, mi sono fatta conoscere, ho cercato opportunità e trovato persone che mi hanno dato fiducia e mi hanno aiutato. Sono un’autodidatta, certo, ma ho avuto degli insegnanti capaci che hanno alimentato la mia tenacia. Con un pizzico di incoscienza che rende le idee dei progetti vincenti… Esatto. Io sono una persona molto curiosa e ho agito con grande spavalderia. Se guardo adesso in archivio le proposte che mandavo in quegli anni mi rendo conto che ero veramente animata dal fuoco della giovinezza e dell’incoscienza, mi sembrava di poter essere un grande valore aggiunto da apportare! Qualcuno potrebbe definirmi una self made woman, anche se non mi ci ritrovo in questo termine. La passione poi non basta da sola: ho studiato, frequentato corsi di marketing, letto tantissimi libri. E continuo a farlo ancora oggi. La prossima settimana, ad esempio, andrò in Inghilterra per frequentare un corso di aggiornamento. Sono sempre in movimento, mi piace esplorare, evolvere. E questo lavoro mi e ci permette di farlo. Uno dei focus di Ad Mirabilia è l’influencer marketing. Può spiegarci di cosa si tratta? All’interno del mondo delle digital PR c’è l’influencer marketing, un mondo ampio e complesso da schematizzare. Volendo, possiamo dire che le attività degli influencer permettono ai brand, grazie ai social network, di avere visibilità non solo sui propri canali ma anche su quelli di personaggi seguiti da una community fedele. Il problema è che molti considerano li considerano come delle pagine pubblicitarie viventi, accordando post, reel e storie da pagargli. Nella realtà, le attività sono innumerevoli e in continua evoluzione, avendo loro un grande ruolo nel mondo della comunicazione. Le loro community e e fanbase li stimano, li apprezzano, ne riconoscono il valore, li fanno divertire. Se un brand collabora con loro è come se entrasse in relazione diretta con le persone ed è per questo che è riduttivo considerarli come meri creatori di contenuti pubblicitari. Sono figure attive, quindi, e non passive  Certo! Per questo motivo non mi piace collegarli alla parola marketing perché sembra una relazione impersonale, mediata unicamente da tool che ti dicono “lui va bene, l’altro no” e non c’è nulla di più errato. Si rischia la mercificazione, impoverendo o snaturando l’enorme contributo che invece gli influencer apportano ai brand. Lei ritiene, dunque, che sia giusto valorizzare il lato umano degli influencer Non a caso oggi si parla più di creator e creator economy, perché la parola influencer da’ l’idea di qualcuno che manipola qualcun altro. Queste figure si sono evolute insieme alle tendenze: ad esempio il boom di TikTok e dei video brevi che necessitano di un’alta professionalità, a discapito di quello che si possa pensare ingenuamente. Anni fa, bastava mettere una foto posata e una didascalia. Ora serve capacità multimediale avanzata. E il giro d’affari e di business, mi creda, è ampissimo. Cosa dovremmo aspettarci nei prossimi anni dal mondo della comunicazione? Noi come professionisti della comunicazione avremo un panorama molto ampio in cui destreggiarci che richiederà sempre più professionalità proprio per la complessità dei canali e delle piattaforme, veda l’intelligenza artificiale. Poi puntare molto sui podcast e, come detto, sui creators e sul personal branding. Prima regola: essere curiosi, crescere ed evolversi. Sempre. di Raffaela Mercurio

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