Perché non andiamo a teatro?
Andando a teatro mi capita spesso di riconoscere dei volti e pensare “ecco, ci siamo tutti”. Il professionista del settore, lo studente d’accademia, la signora abbonata da anni, l’insegnante della compagnia di provincia, il regista in incognito. Una grande famiglia con i propri ruoli che conta sempre meno nuovi arrivati.
Perché non andiamo a teatro?
Andando a teatro mi capita spesso di riconoscere dei volti e pensare “ecco, ci siamo tutti”. Il professionista del settore, lo studente d’accademia, la signora abbonata da anni, l’insegnante della compagnia di provincia, il regista in incognito. Una grande famiglia con i propri ruoli che conta sempre meno nuovi arrivati.
Perché non andiamo a teatro?
Andando a teatro mi capita spesso di riconoscere dei volti e pensare “ecco, ci siamo tutti”. Il professionista del settore, lo studente d’accademia, la signora abbonata da anni, l’insegnante della compagnia di provincia, il regista in incognito. Una grande famiglia con i propri ruoli che conta sempre meno nuovi arrivati.
Andando a teatro mi capita spesso di riconoscere dei volti e pensare “ecco, ci siamo tutti”. Il professionista del settore, lo studente d’accademia, la signora abbonata da anni, l’insegnante della compagnia di provincia, il regista in incognito. Una grande famiglia con i propri ruoli che conta sempre meno nuovi arrivati.
A teatro ci va principalmente chi lo fa.
Viene spontaneo domandarsi quindi se siamo ancora convinti che possa essere un’opzione nella società moderna.
Parliamo di un luogo ma anche di un rito, di un’urgenza. Ora più che mai abbiamo bisogno di sentirci parte di qualcosa e di condividere.
Eppure la sola idea di andare a teatro non è contemplata da moltissimi giovani. E non è contemplata perché è facile ignorare qualcosa che praticamente non esiste o subisce una narrazione distorta.
Non siamo più educati al teatro. Non rientra più davvero nelle nostre possibilità.
In un periodo di fermo come quello appena trascorso, viene da chiedersi chi ne abbia sentito la mancanza, tra le nuove forme di intrattenimento apparse e l’impossibilità di spostarsi. Quello che dimentichiamo è che la sua funzione non è mai stata esclusivamente quella di intrattenere ma di smuovere, istruire, raccontare.
Ciò che accade sul palco è unico. Carne, ossa e viscere che ci mostrano l’immagine di come siamo davvero. Mentre in platea, di fianco a noi, qualcuno viene colpito dalle stesse sensazioni, lasciandole fluire senza filtro.
Perché il buio della sala annulla tutte le differenze.
Fa paura riconoscersi nell’altro, sapere che forse non siamo così diversi.
E allora ben vengano tutti coloro che continuano a provarci e crederci nel teatro. Ben venga chi prova a portarne una visione più fedele possibile tra le persone: le associazioni culturali, gli insegnanti del mestiere, le giovani compagnie, chi lo propone nelle scuole. Grazie a chi prova a presentarlo come una possibilità, perché alla fine forse è questo il suo scopo: ricordarci che non siamo soli.
Torniamo a educare le persone al teatro ed esso sarà sempre un’opzione.
di Elena Bellanova
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