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Il thriller di Hitchcock, 90 anni da brivido

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Alfred Hitchcock: il ‘maestro del brivido’ conosce la produzione di Poe, Chesterton e Flaubert e frequenta assiduamente il Museo del Crimine di Scotland Yard

Hitchcock

Il thriller di Hitchcock, 90 anni da brivido

Alfred Hitchcock: il ‘maestro del brivido’ conosce la produzione di Poe, Chesterton e Flaubert e frequenta assiduamente il Museo del Crimine di Scotland Yard

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Il thriller di Hitchcock, 90 anni da brivido

Alfred Hitchcock: il ‘maestro del brivido’ conosce la produzione di Poe, Chesterton e Flaubert e frequenta assiduamente il Museo del Crimine di Scotland Yard

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Nel 1922, in un piccolo teatro di posa ad Islington (Nord di Londra), c’è una sparuta troupe che sta terminando un cortometraggio. L’opera si intitola “Always tell your wife” ed è tratta da una commedia teatrale del 1913, scritta e interpretata da Seymour Hicks. Sul set, quel giorno, c’è parecchia agitazione. Da una stanza limitrofa si sentono infatti urla, parole grosse e minacce. Protagonisti del diverbio sono il regista Hugh Croise e lo stesso Hicks, che di quel breve film non solo è l’autore ma anche il protagonista. Quando le grida si placano e Croise, se ne va sbattendo la porta, quel banale litigio si trasforma in una delle tappe fondamentali nella storia del cinema. Perché, per terminare le riprese, Hicks decide di affidarsi a un ragazzo che è lì in quanto incaricato di disegnare i titoli per la pellicola. 

È un giovane nato nel 1899 a Leytonstone (a otto chilometri dal centro di Londra), figlio di una coppia di fruttivendoli di origine irlandese, il cui nome è Alfred Hitchcock. All’epoca il futuro ‘maestro del brivido’ è solo un ex studente della scuola di Ingegneria e Navigazione, divenuto poi disegnatore per aiutare la famiglia, alla morte del padre. Ma Alfred è in realtà una persona di profonda cultura. Conosce minuziosamente la produzione di Poe, Chesterton e Flaubert, ama il teatro e frequenta assiduamente il Museo del Crimine di Scotland Yard. Ma è il cinema ad attirare il suo interesse. Si barcamena su diversi set facendo un po’ di tutto, dallo sceneggiatore allo scenografo. Un’esperienza che ne forgerà la visione quando passerà dietro la macchina da presa. 

Dopo alcune pellicole mute realizzate nella seconda metà degli anni Venti, è nel 1934 – con “L’uomo che sapeva troppo” – che Hitchcock definisce il proprio stile, fatto di una suspense costruita ad arte e magistralmente calibrata. Pubblico e critica ne vengono conquistati e, a quel punto, gli studios americani lo contattano per affidargli l’adattamento cinematografico della tragedia del Titanic. Il cineasta però rilancia e propone la realizzazione di un altro lavoro, tratto dal bestseller di Daphne du Maurier “Rebecca – la prima moglie”. Una sfida che porta in dono due Oscar (per la produzione e la fotografia) e lo proietta nel gotha di Hollywood. 

Il suo cinema, ricorrendo a tecniche innovative e a continue citazioni freudiane, crea stordimento e paura, cambiando così i canoni del genere thriller. Centrale, nella sua produzione, è la figura femminile. Da Ingrid Bergman a Grace Kelly, da Kim Novak a Tippi Hedren, le protagoniste di Hitchcock, algide ed eleganti, pongono la donna al centro dello snodo narrativo, al fianco di affascinanti controparti maschili (come Cary Grant o James Stewart) oppure vittime di inquietanti figure come il Norman Bates interpretato da Anthony Perkins in “Psycho”. Fra gli anni Cinquanta e Sessanta, classici come “La finestra sul cortile”, “La donna che visse due volte”, “Delitto Perfetto” e “Gli uccelli” ridisegnano ulteriormente i confini, regalando scene iconiche e sperimentando, di volta in volta, nuove geniali intuizioni. Con una sola caratteristica comune: la presenza del regista in piccoli cammeo, un vezzo (anche scaramantico) a cui non rinuncerà mai. 

Il suo ultimo film sarà “Complotto di famiglia”, nel 1976. In mezzo, qualche speciale per la tv, la celebrazione universale come genio’ della settima arte e la nomina a baronetto. Se ne andrà nel 1980, a Los Angeles, portando con sé qualcosa di prezioso. Ovvero la chiave con la quale aprire la porta alle nostre paure.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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