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Radio: Che ne è della musica d’autore italiana?

Si sa, l’estate è la stagione dei tormentoni estivi, delle canzoni da ballare e cantare senza troppe pretese. E diciamocelo, servono e va bene così. Inevitabilmente ne siamo bombardati tutti giorni, dalla tv al web, fino alle pubblicità dei servizi di streaming. E ovviamente dalle radio.
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Radio: Che ne è della musica d’autore italiana?

Si sa, l’estate è la stagione dei tormentoni estivi, delle canzoni da ballare e cantare senza troppe pretese. E diciamocelo, servono e va bene così. Inevitabilmente ne siamo bombardati tutti giorni, dalla tv al web, fino alle pubblicità dei servizi di streaming. E ovviamente dalle radio.
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Radio: Che ne è della musica d’autore italiana?

Si sa, l’estate è la stagione dei tormentoni estivi, delle canzoni da ballare e cantare senza troppe pretese. E diciamocelo, servono e va bene così. Inevitabilmente ne siamo bombardati tutti giorni, dalla tv al web, fino alle pubblicità dei servizi di streaming. E ovviamente dalle radio.
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Si sa, l’estate è la stagione dei tormentoni estivi, delle canzoni da ballare e cantare senza troppe pretese. E diciamocelo, servono e va bene così. Inevitabilmente ne siamo bombardati tutti giorni, dalla tv al web, fino alle pubblicità dei servizi di streaming. E ovviamente dalle radio.
Proprio sulle onde italiane si affiancano alle varie canzoni ormai inevitabilmente tarate sotto i tre minuti, tra successi internazionali e giovani nuove proposte italiane, tra l’indie – o, ormai, presunto tale – alla trap, fino al più classico pop nostrano. Ma in tutto ciò, che ne è della musica italiana d’autore? Il fatto che di certi autori nelle rotazioni radiofoniche non ce ne sia quasi l’ombra è un po’ la scoperta dell’acqua calda, indubbiamente. Eppure, sarebbe il caso di domandarsi quali siano le ragioni dietro a certe scelte, al di là di pressioni degli sponsor o pseudo strategie dei network. Il dire che queste canzoni non siano ciò che le persone vogliono ascoltare stride quanto meno osservando cosa accade ogni volta che qualcuno accenna un motivo di Battisti, o passando da piazza Duomo a Milano durante le cantate per De Andrè. Di esempi ce ne sarebbero a decine. Per alcuni la causa è da ricercarsi nel disperato tentativo dell’emittenti radiofoniche di avvicinarsi ad un pubblico più giovane che, a detta loro, non è interessato ad un ascolto di certi autori. Ma se non glielo si fa conoscere, come aspettarsi il contrario? Non viene così meno uno dei ruoli fondamentali del mezzo radiofonico, quello educativo? Alle dichiarazioni di un anno fa di Renato Zero, che sottolineava come le sue canzoni fossero gradualmente sparite dalle programmazioni, si uniscono le parole di Guccini di qualche giorno fa“Ho 81 anni e non capisco niente” – ha dichiarato – “ma è anche vero che non ascolto musica, se non per caso. Quando sono in macchina con mia moglie lei mette la radio ma io le chiedo di spegnere. E comunque il problema è che non sembrano canzoni belle o brutte, mi sembrano inutili. La realtà pullula di giovani cantautori, ma non arrivano a nessuno”. Questo è certamente un punto cruciale: se non si abituano gli ascoltatori alla possibilità di una canzone che sia più cantautorale, inevitabilmente ci sarà meno spazio per le nuove generazioni di songwriter. Non ci resta che sperare, presto o tardi, in un cambiamento di rotta: non si può aspettare che un artista muoia per dargli lo spazio che merita. di Federico Arduini

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