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Metalmeccanico predestinato. Il libro di Riccardo Fogli

“Predestinato metalmeccanico” è  il libro di Riccardo Fogli che giunge in libreria con due cd. Come recita il titolo del libro, era predestinato al lavoro di metalmeccanico ma dentro sentiva fortissima la spinta della musica
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Metalmeccanico predestinato. Il libro di Riccardo Fogli

“Predestinato metalmeccanico” è  il libro di Riccardo Fogli che giunge in libreria con due cd. Come recita il titolo del libro, era predestinato al lavoro di metalmeccanico ma dentro sentiva fortissima la spinta della musica
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Metalmeccanico predestinato. Il libro di Riccardo Fogli

“Predestinato metalmeccanico” è  il libro di Riccardo Fogli che giunge in libreria con due cd. Come recita il titolo del libro, era predestinato al lavoro di metalmeccanico ma dentro sentiva fortissima la spinta della musica
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“Predestinato metalmeccanico” è  il libro di Riccardo Fogli che giunge in libreria con due cd. Come recita il titolo del libro, era predestinato al lavoro di metalmeccanico ma dentro sentiva fortissima la spinta della musica
S’intitola “Predestinato metalmeccanico” il libro di Riccardo Fogli che giunge in libreria con due cd (uno con i suoi successi risuonati oggi, l’altro con il testo del libro letto proprio dall’ex cantante e frontman dei Pooh). Una galleria di storie di vita e aneddoti, a comporre il profilo di un’Italia senza soldi ma con tanta speranza e voglia di ricominciare. Pontedera distrutta dai bombardamenti e questo ragazzino – carino, educato – che faceva il fattorino all’interno della Piaggio. «Portavo la posta da un reparto all’altro dello stabilimento» racconta il cantante. «Poi chiedevo alle impiegate di battermi a macchina i testi delle canzoni pubblicati su “Sorrisi e Canzoni”, così quando le avrei ascoltate alla radio le avrei cantate. Il bagno caldo la domenica mattina, le polpette preparate da mamma Meri che lavorava la maglia e cuciva gli occhielli ascoltando la radio e canticchiando e io che canticchiavo con lei. Papà Dante accettava qualsiasi lavoro pur di portare a casa lo stretto necessario per me e mio fratello Luciano. Ricordo – continua Riccardo – che mamma mi chiamava Nini. Quando ho incominciato ad avere un certo successo, capitava che gli portassi a casa una ragazza di 1 metro e 80. Mi diceva: “Oh Nini, che è questa e dove dorme?” Dorme con me, le dicevo. E lei: “E la gente che cosa dice?”. Le facevo ricamare degli jabò e lei stupita obbiettava: “Ma che, ci vai in giro conciato così?”. Sì, le rispondevo: sono un musicista beat…». Come recita il titolo del libro, era predestinato al lavoro di metalmeccanico ma dentro sentiva fortissima la spinta della musica. I primi amori, le prime lezioni di chitarra e canto, il primo gruppo: gli Slenders. «Andavamo sulle colline a captare Radio Luxemburg. Un giorno trasmettono “Satisfaction” dei Rolling Stones: tre accordi, una rivelazione. La registro con il mio Geloso. Andiamo a un festival di debuttanti e la rifacciamo, le mamme esplodono di gioia ci toccano come fossimo scimmiette. Cantavo in un inglese maremmano, un gramelot divertente, senza senso ma efficace». Poi la favola dei Pooh che tutti conoscono, successi senza tempo come “Piccola Katy”, “Tanta voglia di lei”, “Pensiero”; una vita che sin dalle prime battute i Pooh vivono on the road. «Con i primi guadagni compro una vecchia Porsche di sesta mano da un amico di Viola Valentino, la mia prima moglie. Roma, siamo sulla Cristoforo Colombo. Invito baldanzoso gli altri tre a salire a bordo e lancio la macchina a tutta velocità. Prima, seconda, terza e… i pistoni all’aria, frammenti di motore che schizzano dappertutto, fumo denso e l’odore acre di olio bruciato. La lascio lì sei mesi. Non avevo più una lira. Per fare il pieno di benzina stavo a digiuno per tre giorni». Sette anni di vita insieme agli amici, poi l’incontro con Patty Pravo: «La vedo un pomeriggio, ne rimango folgorato. La sera eravamo a letto. Il produttore dei Pooh Lucariello mi mette davanti a una scelta: o lei o i Pooh. Scelgo lei». La leggenda dice che Riccardo innamorato arrivasse tardi alle prove dei concerti. «Macché, è una bugia. Una volta buco una gomma del mio furgoncino, comunque arrivo un minuto prima delle prove. Per una volta gli altri hanno dovuto scaricare strumenti e apparecchiature senza di me. Da lì questa leggenda. Considero i Pooh musicisti e amici straordinari. Provo per loro un affetto e un rispetto infiniti. La vita con loro è stata meravigliosa: Robi, un fratellone cui chiedevo sempre consigli di vita non solo di musica; poi il genio Stefano, creativo, generoso; Dodi, il più grande chitarrista che io abbia mai sentito; infine Red col suo talento di multistrumentista, la sua intelligenza, uno cui affiderei la mia vita. Infine Valerio, l’autore dei testi, colto, intuitivo, poetico, persino profetico». Nel 1982 il trionfo a Sanremo. «La notte della finale il mio discografico Antonio Nocera, un omone di cento chili, arriva tutto trafelato nel camerino del quinto piano dove mi ero rintanato. Sta per venirgli un infarto e intanto grida “Abbiamo vinto, abbiamo vinto!”. Scoppiamo a piangere. Nessuno se lo sarebbe aspettato».   Gli chiediamo come sarà il suo domani. «Nel nome della musica, in un’Italia che non vive più i valori di quel Rinascimento che hanno vissuto quelli della mia generazione. Oggi la globalizzazione ci ha dato tante cose inutili e tolto tante cose utili: le bancarelle di strada, il porta a porta, i contadini che ti portavano a casa due zucchine e due pomodori dal loro raccolto, le chiavi di casa infilate nelle serrature. Oggi abbiamo il telefonino, le tv al plasma, la tecnologia, ma ci mancano quelle cose lì che riempivano il senso della nostra vita. Le nostre anime semplici e gioiose». Di Fabio Santini

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