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Ultras Inter Milan

Lo abbiamo sempre saputo

L’ipotesi accusatoria emersa dalle indagini della procura di Milano – all’origine dell’ondata di arresti di ieri fra i capi ultras di Inter e Milan – è devastante

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Lo abbiamo sempre saputo

L’ipotesi accusatoria emersa dalle indagini della procura di Milano – all’origine dell’ondata di arresti di ieri fra i capi ultras di Inter e Milan – è devastante

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Lo abbiamo sempre saputo

L’ipotesi accusatoria emersa dalle indagini della procura di Milano – all’origine dell’ondata di arresti di ieri fra i capi ultras di Inter e Milan – è devastante

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L’ipotesi accusatoria emersa dalle indagini della procura di Milano – all’origine dell’ondata di arresti di ieri fra i capi ultras di Inter e Milan – è devastante

L’ipotesi accusatoria emersa dalle indagini della procura di Milano – all’origine dell’ondata di arresti di ieri fra i capi ultras di Inter e Milanè devastante, se dovesse reggere alla prova dell’eventuale processo anche solo una parte.

Eppure nulla che chi studia e commenta i fenomeni più deteriori legati al tifo organizzato possa considerare sorprendente.

Non è una questione di Milano o di Roma, che visse nell’omicidio del capo ultras della Lazio “Diabolik”, al secolo Fabrizio Piscitelli, freddato nel 2019 in un parco cittadino alla luce del sole un’esecuzione di puro stampo mafioso. Così come periodicamente gruppi del tifo organizzato sono finiti nel centro di indagini in cui emerge la capacità di trasformare la partita e il “mestiere” di capo tifoso in un’occasione per generare guadagni illeciti.

Da quanti anni chi come noi non si è mai fatto affascinare dalla retorica della “mentalità ultras”, del tifo “romantico”, del rifiuto della modernità in nome degli antichi, supposti valori del pallone andava ripetendo che negli stadi italiani si gestiscono affari parailleciti o direttamente delinquenziali?

Nessuno, che non voglia apparire ingenuo, può dirsi meravigliato.

Una commistione di interessi – del calcio non interessa nulla a lor signori – in cui ai capi ultras sono state riservate attenzioni e simpatie da mondi che avrebbero dovuto ben evitare. Ci riferiamo alla politica, allo spettacolo e anche al giornalismo, troppe volte abbagliato da coreografie, luci e colori garantiti dal tifo organizzato e colpevolmente superficiale sulla sottrazione delle curve al controllo dello Stato e della legge.

Compresa la politica, intesa come politica sventolata sulle gradinate: l’ideologia è ignota ma gruppi in giro per l’Italia siano stati messi a disposizione di amici particolari o interessi specifici. Gli estremismi di destra e di sinistra che negli anni hanno potuto pascolare allo stadio.

Lo abbiamo sempre saputo, abbiamo sempre sentito di avere a che fare con un sistema maleodorante, da cui negli anni ‘80 e ‘90 i club non seppero tenersi a distanza. Poi i rapporti si sono fatti meno palesi, con le società spinte dall’indignazione popolare.

Quanto emerso ieri sembra attenere più all’incapacità dei singoli di allontanare certi soggetti. Da capitano e da dirigente nessuno è mai riuscito ad accostare Paolo Maldini, tanto per fare un nome.

Al contempo, chi aveva interesse a farsi gli affari (illeciti) propri ha potuto godere di un po’ di tranquillità riducendo intensità e frequenza degli episodi violenti. L’operazione di ieri getta un’ombra anche sulla tradizionale “pace” nei derby MilanInter, figlia non solo di nobili principi ma forse anche della voglia dei capi di non farsi disturbare.

Poi è successo qualcosa di molto brutto che non ha niente a che fare con le squadre, le partite e le dimenticate passioni. A leggere le ipotesi d’accusa, è stata la criminalità organizzata a scendere in campo.

di Fulvio Giuliani

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