Nba: Jaime Jaquez Jr. e l’immigrazione dal Messico
Jaime Jaquez Jr. è una delle grandi rivelazioni Nba: scelto alla posizione numero 18 nell’ultimo draft, si sta facendo notare a suon di punti e giocate spettacolari. La sua storia
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Jaime Jaquez Jr. è una delle grandi rivelazioni Nba: scelto alla posizione numero 18 nell’ultimo draft, si sta facendo notare a suon di punti e giocate spettacolari. La sua storia
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Jaime Jaquez Jr. è una delle grandi rivelazioni Nba: scelto alla posizione numero 18 nell’ultimo draft, si sta facendo notare a suon di punti e giocate spettacolari. La sua storia
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Jaime Jaquez Jr. è una delle grandi rivelazioni Nba: scelto alla posizione numero 18 nell’ultimo draft, si sta facendo notare a suon di punti e giocate spettacolari. La sua storia
È una di quelle storie che soltanto lo sport sa offrire e che sicuramente andrebbe di traverso a Donald Trump, se l’ex presidente americano non fosse preso dalle vicende giudiziarie che rischiano di estrometterlo dalla corsa alle primarie repubblicane. Quello stesso Trump che ha impiegato una buona fetta dei suoi quattro anni alla Casa Bianca a offendere le minoranze (soprattutto i messicani che vivono negli Stati Uniti) e che lo scorso maggio aveva proposto un’operazione antiterrorismo contro i cartelli della droga in Messico, applicando le tattiche che l’America ha utilizzato in Iraq e in Siria.
Accade che a Miami, a non troppi chilometri dalla residenza del tycoon, ci sia il giovane rivelazione della stagione Nba in corso: si chiama Jaime Jaquez Jr., gioca nei Miami Heat. È stato scelto alla posizione numero 18 nell’ultimo draft che ha consegnato al mondo il talento del 19enne francese Victor Wembanyama dei San Antonio Spurs, motivo per cui forse è rimasto finora un po’ in penombra. Il ragazzo segna però quasi 12 punti di media a partita ed è stato subito coccolato da quel genio di Pat Riley, ossia l’architetto dei Lakers dello “Showtime” di Magic e Kareem negli anni Ottanta e degli Heat dei tre titoli dal 2006 al 2012. Le coccole gli hanno fatto bene: a novembre Jaquez Jr. è stato nominato miglior esordiente nella Eastern Conference. Non era atteso, è stato il primo messicano di sempre a essere selezionato al primo giro a un draft Nba: se lo sono visti arrivare alle spalle, come avviene spesso ai figli della bandiera tricolore, sempre sottovalutati nello sport americano.
La storia di Jaquez Jr. sarebbe piaciuta a Jules Verne, anche se non si è compiuta in 80 giorni ma attraverso qualche generazione: il padre è nato in Libano ma è cresciuto alle Hawaii. Sua madre invece è nata in Inghilterra ma è cresciuta in Norvegia. La faccenda diventa difficile da digerire per uno come Trump se ci aggiungiamo il fatto che il nonno di Jaquez Jr. entrò illegalmente nel territorio statunitense dopo una traversata a piedi del deserto durata nove giorni, da Guadalajara a quel muro di Tijuana (conosciuto come “muro della vergogna”) che è stato un grande cruccio per l’ex platinato presidente (ne fece realizzare 700 km, anche se fu Bill Clinton a dare il via alla costruzione) in quanto terra di frontiera più trafficata al mondo: un flusso ininterrotto di persone, con trenta milioni di auto l’anno che passano dal Messico alla California.
Il pellegrinaggio ha portato il giovane Jaquez Jr. alla Ucla University, poi al draft Nba e ai Miami Heat, quindi al titolo di miglior esordiente nella Eastern Conference, fino ai complimenti avuti da Pat Riley, Erik Spoelstra e Jimmy Butler, stella degli Heat, uno dei ‘duri’ della Nba. Chissà la bile di The Donald, se conoscesse questa storia.
di Nicola Sellitti
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