Leggereste un romanzo scritto da un’intelligenza artificiale? O almeno un articolo, magari questo post?
Molti ragazzi delle High School americane sembrerebbero aver già risposto al quesito, sfornando – si dice – fior di compiti realizzati dal nuovo campione dell’intelligenza artificiale ChatGPT. Dove GPT sta per Generative Pretrained Transformer, in italiano trasformatore – meglio realizzatore, programmatore, scrittore – preaddestrato generativo.
Creatura digitale che sarebbe in grado di fare meraviglie come motore di ricerca, programmatore, ma anche nello scrivere testi, rispondere a quesiti non banali, realizzare architetture grammaticali complesse e veri e propri componimenti partendo da poche istruzioni base.
Una meraviglia messa a punto da OpenAI, società di ricerca guidata da Sam Altman, fondata otto anni fa da quest’ultimo e altri visionari della digital economy come Peter Thiel, Reid Hoffman di LinkedIn e – udite, udite – Elon Musk (poi uscito dall’azienda nel 2019). Una realtà su cui, probabilmente proprio grazie a ChatGPT, ha messo gli occhi anche il supercolosso Microsoft, con un mirabolante investimento da un miliardo di dollari quattro anni fa.
Non conosciamo ancora a fondo questo strumento, non lo abbiamo provato come si deve, almeno non a livello conscio… Magari ci sarà capitato di commentare qualche testo prodotto dall’intelligenza artificiale, convinti di interagire con degli esseri umani.
Non saremmo, insomma, davanti a un banale strumento di servizio, capace di ripetere solo pochi e ben determinati schemi, ma di un poderoso salto in avanti nelle applicazioni legate all’intelligenza artificiale. Almeno, secondo le entusiastiche descrizioni che stanno dilagando in rete negli ultimi giorni.
Torneremo a scriverne nelle prossime ore con Raffaela Mercurio perché la cosa è maledettamente seria, eppure continua a suscitare reazioni da b-movie anni ‘50 e ‘60. Nel frattempo, per capire che questo ChatGPT fa stramaledettamente sul serio, bastino due potenti rumors: Google sarebbe preoccupatissima da un’applicazione teoricamente in grado di attaccare il cuore del proprio business, il motore di ricerca di gran lunga leader a livello mondiale.
La già citata Microsoft, forte della partecipazione societaria in OpenAI, vorrebbe implementare ChatGPT nei suoi strumenti e nel mai decollato motore di ricerca Bing, donandogli una seconda giovinezza (per meglio dire una prima, considerato che nessuno se l’è mai filato rispetto a Google).
Sarà tutto vero, un’esagerazione o semplicemente ancora troppo presto, di sicuro non conviene farsi spaventare dall’intelligenza artificiale, ma conoscerla e sfruttarla. Se possibile dominarla, magari prima di assegnare il Nobel per la letteratura a un’applicazione senza neppure rendercene conto.
Di Fulvio Giuliani
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