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Tecnologia

Discese ardite e risalite dei giganti tecnologici

Dopo 23 anni anche la “bolla delle piattaforme” è destinata a una letale discesa verso il baratro? In realtà è un sano assestamento del comparto
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Nel 2017 la salita implacabile del gruppetto di testa (il cosiddetto Faang: Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google) impone dopo un secolo la “Platform Era”, l’era delle piattaforme online, che sorpassano in capitalizzazioni di mercato ExxonMobil, AT&T, Ibm, Kodak, General Motors e altri, inspodestabili campioni di Wall Street nella precedente “Industrial Era” e “Hardware Era”.

Le nuove star della borsa tecnologica Nasdaq si affermano, oltre ogni dubbio, come un portafoglio sicuro per investitori privati e pubblici, per fondi pensione, assicurazioni, piccoli risparmiatori. 1.000 dollari in azioni Apple nel 1991 ne valgono 311mila nel 2020. Ma quando arriva il flagello della pandemia (febbraio 2020) le borse Nasdaq, S&P500 e Dow Jones sprofondano d’oltre il 50% in soli trenta giorni. Poi la spettacolare risalita. In tre mesi recupero e aumento complessivo dei titoli del 94,99% in un anno, una delle migliori prestazioni dalla Seconda guerra mondiale. Perché per gli oligarchi della Rete il Covid-19 è una cinica manna: profitti alle stelle (Amazon +220%, Alphabet/Google +162%, Apple +110%, Facebook +94%, Microsoft +44%). Nuove assunzioni a centinaia di migliaia. E le cosiddette Aaafm diventano triliardarie (insieme capitalizzano 7 triliardi di dollari). Si conferma che non si ripeterà la “bolla delle dotcom” del lontano marzo 2000, con le azioni a picco e le startup del digitale fallite a raffica, facendo gridare, in Italia e non solo: «Visto? Internet era una bufala».

Ma poi la gente esce, prima con cautela e poi esondando dalle case dove i lockdown coltivavano 1,3 miliardi di telelavoratori e quasi un miliardo di telestudenti, drogando i consumi di hardware, software e connessioni. Così per i colossi della Rete calano di nuovo vendite, abbonamenti, pubblicità, profitti. Le strade di San Francisco, a ridosso della Silicon Valley, si riempiono di senzatetto. Le azioni tecnologiche dopo le vertiginose salite del 2020-21 precipitano, contribuendo a mettere in affanno la grande economia americana. Gli strateghi della Goldman Sachs parlano della fine dell’“exceptionalism of technology”. Molti dichiarano che Facebook è al declino e che il Metaverso di Zuckerberg e la sua nuova holding Meta siano al canto del cigno.

Microsoft licenzia 10mila dipendenti, Alphabet/Google 12mila, seguono Amazon e Meta/Facebook. Implacabile, Elon Musk taglia il 74% del personale del suo nuovo giocattolo Twitter perché a suo dire è soltanto un problema di buona gestione aziendale. Netflix mette la pubblicità in film e serie tv e vuol far pagare gli utenti extra famigliari. Le criptovalute si frantumano (fallisce la Celsius).

Dopo 23 anni anche la “bolla delle piattaforme” è destinata a una letale discesa verso il baratro? Una risposta sembra essere: se reggono, come di fatto reggono, i due colossi del mercato tecnologico – Apple e Microsoft (le cinquantenni) – allora tutto regge. Si tratterebbe solo di un sano assestamento del comparto. D’altronde 5,18 miliardi d’utenti della Rete sostengono l’economia del digitale e ce ne sono ancora 2,7 miliardi da conquistare. Sono “le distese azzurre e le verdi terre” dei nuovi mercati.

Forse l’ottovolante dell’innovazione – ciclicamente alla ricerca di adrenalina collettiva pura (vedi l’IA) – ha sempre rollato dentro una bolla, consustanzialmente. In gara ci sono molti altri ottovolanti che sferragliano, fanno scintille e mozzano il fiato: «Le discese ardite e le risalite / su nel cielo aperto e poi giù il deserto / e poi ancora in alto con un grande salto». Vedi Lucio.

Di Edoardo Fleischner

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