“La terza guerra mondiale a pezzi”. Conflitti, pace e parti mancanti
Da papa Francesco a papa Leone XIV, lo scenario drammatico di “una Terza guerra mondiale a pezzi” (copyright di Bergoglio) resta l’argomento centrale della Santa Sede nell’analisi sul presente
“La terza guerra mondiale a pezzi”. Conflitti, pace e parti mancanti
Da papa Francesco a papa Leone XIV, lo scenario drammatico di “una Terza guerra mondiale a pezzi” (copyright di Bergoglio) resta l’argomento centrale della Santa Sede nell’analisi sul presente
“La terza guerra mondiale a pezzi”. Conflitti, pace e parti mancanti
Da papa Francesco a papa Leone XIV, lo scenario drammatico di “una Terza guerra mondiale a pezzi” (copyright di Bergoglio) resta l’argomento centrale della Santa Sede nell’analisi sul presente
Da papa Francesco a papa Leone XIV, lo scenario drammatico di «una Terza guerra mondiale a pezzi» (copyright di Bergoglio) resta l’argomento centrale della Santa Sede nell’analisi sul presente. Fuori dai richiami morali, spirituali e anche retorici, si può affermare – senza per questo esser considerati cinici – che una Terza guerra mondiale a pezzi è meglio di una Terza guerra mondiale tutta intera. La Terra è un posto complicato, lontano dal paradiso e dove da sempre si consumano ingiustizie e conflitti. Ragion per cui nel valutare il meglio non si può evitare di soppesare come opzione il meno peggio.
Prima dell’aggressione russa all’Ucraina, avvenuta nel febbraio 2022, di conflitti e focolai sparsi per il mondo ce n’erano già parecchi. Certo, la scelta imperialista di Vladimir Putin contro Kiev oltre a dare il via a una nuova guerra ha anche innescato un mutamento radicale. Nelle relazioni internazionali e negli equilibri geopolitici. Il ritorno di una guerra in Europa ha infatti segnato la fine del sogno – cullato per anni dalle cancellerie occidentali del Vecchio Continente ma anche dagli Usa – di aggregare Mosca al G8. Nella convinzione che buoni rapporti economici con la Russia superassero la storia di quel Paese. E le sue ambizioni imperialiste (un tratto comune allo zarismo e al comunismo sovietico). Da questo punto di vista è un fatto che oggi esista un prima e un dopo l’invasione dell’Ucraina. E che nulla potrà riavvolgere il nastro di questa frattura.
Ed è qui che torna il tema della Terza guerra mondiale a pezzi, parole perfette per un titolo giornalistico ma meno per un’analisi diplomatica. Un dubbio e al tempo stesso una provocazione. E se la Terza guerra mondiale a pezzi fosse la forma violenta e tragica di una nuova Guerra fredda? Quella che si è retta per anni su un bipolarismo mondiale fra due superpotenze (Usa e Urss) e sulla deterrenza atomica. Nel mondo multipolare di oggi non è pensabile nelle modalità del Novecento. Tutto è cambiato. Compresa la multipolarità del mondo. Con Usa, Cina, Russia, l’India in crescita e una serie di potenze macro-regionali in ascesa (come la Turchia del sultano Recep Tayyip Erdoğan). D’accordo, gli Stati Uniti sono ancora la potenza prevalente ma mancano di un interlocutore diretto e antagonista.
Nelle analisi dell’ultimo Henry Kissinger la nuova polarità avrebbe dovuto essere condivisa con la Cina. A patto di separarla dalla Russia. E il modo migliore per farlo era tenere Pechino sempre e fermamente dentro il sistema internazionale. Secondo l’ex segretario di Stato americano l’altro pericolo da scongiurare era che Mosca, nella frustrazione di imperialismi passati, giocasse la carta di una escalation nucleare. Tenere separate Cina e Russia è cosa che non è avvenuta. E non sta avvenendo (anche se il cambio di linea del presidente Usa Donald Trump sui dazi al Dragone ha aspetti geopolitici oltreché economici). Per il resto, in questi tre anni e passa di guerra in Ucraina i rapporti fra Mosca e Pechino si sono andati rinsaldando e la visita di Xi Jinping in Russia per la Giornata della Vittoria ne è una diapositiva di immagini e di fatto.
Per questa ragione, nell’epoca che il papa attuale (come il suo predecessore) definisce della Terza guerra mondiale a pezzi, la prima domanda non dev’essere come fermarla ma come non farla peggiorare, trasformandola in un terzo conflitto globale. È proprio in questa inversione delle priorità (e quindi dell’impegno delle diplomazie, a cominciare da quelle dei Paesi democratici) che troviamo la vera sfida delle élite politiche del nostro tempo. Che un pontefice (anzi due) invochino la pace e il mai più la guerra è cosa buona e giusta. La politica ha un compito più difficile: come realizzare questa aspirazione. Le speranze di queste ore sugli incontri in Turchia fra russi e ucraini sono più che giustificate, purché tengano conto che si tratta di un primo step e che, a voler esser realisti, in ballo non c’è la pace mondiale ma un cessate il fuoco. E non è poco.
di Massimiliano Lenzi
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