Certo augurare al branco che ha violentato una ragazza a Palermo di finire in carcere “sotto 100 lupi in modo che capiate cos’è uno stupro” non è stato da parte del cantante Ermal Meta il modo migliore per affrontare questa vicenda allucinante. Però, molto più inquietante è quello che sta avvenendo in queste ore, intorno a questa vicenda.
Le migliaia di persone che si stanno affannando a cercare su Telegram il filmato di quella violenza. Un voyeurismo dell’orrore che non si può comprendere. Ma che lascia intendere la deriva allucinante di questa ossessione per i social. E anche fa capire perché, i protagonisti di questi terribili fatti di cronaca, sentano sempre l’esigenza di filmarsi. Anche se poi, i filmati per fortuna sono una prova incontrovertibile contro di loro. È intervenuta la polizia postale e speriamo che quel video non si trovi più da nessuna parte ma solo il fatto che ci si prenda la briga di andarlo a cercare fa venire i brividi.
Così come fanno venire i brividi, in modo diverso, le storie raccontate da chi ha risposto proprio al controverso post di Ermal Meta. Descrivendo violenze e abusi subiti nella propria vita. Violenze che quella vita l’hanno segnata, fino in alcuni casi alle più estreme conseguenze. Storie quelle sì che i tanti che si sono messi a cercare il filmato dello stupro di Palermo dovrebbero leggere.
Di Annalisa Grandi
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