Ubi societas ibi ius: il diritto al tempo delle agorà digitali
Come cambia il diritto nelle agorà digitali di social e web? Il mare magnum del diritto italiano si evolve con loro.
Ubi societas ibi ius: il diritto al tempo delle agorà digitali
Come cambia il diritto nelle agorà digitali di social e web? Il mare magnum del diritto italiano si evolve con loro.
Ubi societas ibi ius: il diritto al tempo delle agorà digitali
Come cambia il diritto nelle agorà digitali di social e web? Il mare magnum del diritto italiano si evolve con loro.
Come cambia il diritto nelle agorà digitali di social e web? Il mare magnum del diritto italiano si evolve con loro.
I giuristi romani sostenevano che non esiste comunità che possa convivere senza delle regole da osservare: anche il mondo social non è esente da tale assunto.
Piaccia o meno, al tempo delle agorà digitali le nostre impalpabili identità sono divenute degli avatar che vivono nella propria dimensione ma si assumono le piene – nonché concrete – responsabilità del loro ‘vivere’ anche di fronte alla legge, che trascende entrambi i mondi.
Le piattaforme social sono entrate a pieno titolo in quel mare magnum che è il diritto italiano, che nulla (o quasi) abbandona a sé, ma regolamenta qualsivoglia ‘terreno’ in cui l’uomo semina e coltiva i propri interessi e i propri svaghi, eliminando i rovi delle condotte illecite ivi poste in essere.
Ebbene, ritengo utile passare in breve rassegna – senza tediare con lungaggini tecniche – le tre principali figure di reato che, negli ultimi anni, si sono andate configurando in tale ambito, confidando nella relativa portata di sensibilizzazione soprattutto per i “non addetti ai lavori”: la prima concerne il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) che – mediante una pacifica opera interpretativa della Cassazione – si configura quando, ad esempio, attraverso l’uso di un “profilo falso” si utilizzino i dati personali e/o le foto di un altro soggetto per condividere contenuti e/o entrare in contatto con altri utenti, inducendo gli stessi in errore;
la seconda è quella di diffamazione (art. 595 c.p.) aggravata dall’uso del web, al fine di ledere l’altrui reputazione, intendendo l’ordinamento tutelare la delicata sfera morale dei consociati;
la terza (e sempre più frequente) è infine quella di atti persecutori/stalking (art. 612-bis c.p.), la cui repressione è volta a scongiurare condotte che, attraverso molestie o minacce reiterate, determinino nella vittima un perdurante stato di ansia e/o timore.
Dura lex, sed lex.
di Giulio Minelli
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Tag: Italia, social media
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