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Giurisprudenza e magistratura

Lo spirito di un magistrato nell’eleganza di uno studente

Il sogno di diventare magistrato e, tra le dita, un libro di Piero Calamandrei.

Lo spirito di un magistrato nell’eleganza di uno studente

Il sogno di diventare magistrato e, tra le dita, un libro di Piero Calamandrei.

Lo spirito di un magistrato nell’eleganza di uno studente

Il sogno di diventare magistrato e, tra le dita, un libro di Piero Calamandrei.

Il sogno di diventare magistrato e, tra le dita, un libro di Piero Calamandrei.

Lo scrittore e poeta Paul Valéry diceva di aver studiato giurisprudenza perché non sapeva che cosa ben fare della sua vita. È accaduto anche a me, che però non possiedo il suo magnifico talento artistico. C’è chi, invece, sceglie la Facoltà di giurisprudenza con il sogno di fare il magistrato. In questa categoria rientra un ragazzo distinto che ogni mattina – nella metro che dalla fermata di Lambrate porta a Loreto, a Milano – incrocia la sua strada con la mia. Tra le sue mani ben curate è stretto un volume “L’elogio dei giudici scritto da un avvocato” di Piero Calamandrei. Il ragazzo si dirige al Tribunale presso cui svolge il tirocinio da magistrato. E ogni mattina, alle 8, non ha dubbi: Piero Calamandrei. Io, che la mattina mal sopporto qualsiasi lettura che superi il passo dell’elzeviro, lo guardo con ammirazione. E penso al libro che scuote – o dovrebbe – le coscienze dei tanti che il tirocinio l’hanno finito da tempo e che nel frattempo hanno fatto una gran carriera tra le fila dei magistrati. Un libro scritto da un loro collega che, fatto fuori, ha deciso di vuotare il sacco e non risparmia a nessuno la sua presenza, con un portamento – non me ne vorrà – certo meno nobile di quello del mio giovane amico. Tra le righe di questo suo autodafé, il (fu) magistrato ricorda gli inizi della sua carriera, il sacro fuoco che lo spinse a desiderare l’austera toga di chi, in terra, rende giustizia. Indipendenza, imparzialità e terzietà diventarono però ben presto feticci dietro cui celare le proprie nefandezze. Io credo nello spirito che mosse il giovane Palamara, come nello spirito di chi legge gelosamente Calamandrei ogni mattina: qualsiasi riforma della giustizia intervenga dovrebbe preoccuparsi di restituire dignità a chi, questo spirito, non l’ha mai rinnegato.   di Lorenzo Decaria

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