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Carenza di leadership

Nel suo ultimo libro Henry Kissinger spiega che, «senza una leadership, le istituzioni vanno alla deriva e le Nazioni rischiano di diventare sempre più irrilevanti». Forse è il caso che di ritorno dall’Indonesia qualcuno nello staff di Giorgia Meloni faccia un salto in libreria
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Carenza di leadership

Nel suo ultimo libro Henry Kissinger spiega che, «senza una leadership, le istituzioni vanno alla deriva e le Nazioni rischiano di diventare sempre più irrilevanti». Forse è il caso che di ritorno dall’Indonesia qualcuno nello staff di Giorgia Meloni faccia un salto in libreria
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Nel suo ultimo libro Henry Kissinger spiega che, «senza una leadership, le istituzioni vanno alla deriva e le Nazioni rischiano di diventare sempre più irrilevanti». Forse è il caso che di ritorno dall’Indonesia qualcuno nello staff di Giorgia Meloni faccia un salto in libreria
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Nel suo ultimo libro Henry Kissinger spiega che, «senza una leadership, le istituzioni vanno alla deriva e le Nazioni rischiano di diventare sempre più irrilevanti». Forse è il caso che di ritorno dall’Indonesia qualcuno nello staff di Giorgia Meloni faccia un salto in libreria
Da Roma-Garbatella a Bali-Indonesia c’è una distanza di circa 11.600 chilometri. Senz’altro sufficienti per concentrarsi sul qui e ora dimenticando tutto il resto. Invece Giorgia Meloni – tra un faccia a faccia con Biden, un colloquio con Erdoğan e una stretta di mano da photo opportunity con Xi – ha trovato modo di parlare del Covid e della libertà o meno di vaccinarsi, peraltro sorvolando sul fatto che in Italia un sottosegretario FdI non è convinto della bontà del siero. Faccende minori, si dirà. Fino a un certo punto. In realtà testimoniano la coazione a ripetere che sembra avvinghiare come un sudario governo, maggioranza e opposizione. E cioè l’incapacità di uscire dalla campagna elettorale perenne che è l’elemento costitutivo del confronto politico da queste parti. Con la differenza che se l’opposizione in qualche modo se lo può permettere, governo e maggioranza hanno un fardello obbligato: quello di governare il Paese. Rifarsi ossessivamente a temi “identitari” produce conseguenze negative sull’azione di governo. E mostra una preoccupante carenza di leadership da parte di Giorgia Meloni. Il risultato elettorale ha consegnato una governabilità da triangolo scaleno, con un lato più lungo e più grosso degli altri: il consenso guadagnato da FdI e travasato nell’ascesa di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Ma più passano le settimane e più quel triangolo diventa mediaticamente e politicamente isoscele, con i due lati di FdI e Lega che, tralasciando i numeri elettorali, tendono ad assomigliarsi fin quasi a sovrapporsi. Rendendo più blanda la figura della Meloni e favorendo la sensazione che l’azione di governo stia nelle mani del ministro delle Infrastrutture. Perché? In realtà già in campagna elettorale Salvini aveva fatto mostra di voler abbandonare al suo destino Berlusconi per affiancare la leader di FdI e godere del suo abbrivio. Chiuse le urne, il deludente risultato elettorale invece di ridimensionarne le ambizioni ha spalancato a Salvini le porte dell’iniziativa politico-governativa. Lo scontro sui migranti – che ha portato i rapporti con la Francia al minimo storico e costretto il Quirinale a intervenire per ricucire con Parigi – è l’esempio più lampante. Ma valgono anche il contante, la flat tax più o meno riveduta, la pace fiscale e via sciorinando. Il risultato è che la figura della Meloni si assottiglia a favore della corposità del ministro delle Infrastrutture. È un fatto che finora la (o il?) presidente del Consiglio abbia sempre ‘coperto’ i fendenti del leader leghista. Tuttavia è evidente che si pone una questione politicamente dirompente. O Meloni è convinta delle parole d’ordine leghiste e allora dovrebbe farle sue per non subire un appannamento del proprio ruolo; oppure non le condivide ma non riesce a trovare la forza per mettere la sordina agli interventi “identitari” che tanto piacciono al segmento di destra della società. Ricordando però che il destra-centro è maggioranza in Parlamento ma minoranza nel Paese, visto che un terzo degli italiani o giù di lì il 25 settembre è rimasto a casa a guardare la tv. Il gioco è reso ancora più rischioso dal fatto che la Meloni non può fare sponda con Forza Italia per le ragioni suddette ma anche perché Berlusconi ha bagnato gran parte delle sue munizioni con i giudizi, carpiti o meno, su Putin e sulla guerra in Ucraina. È lo spessore della leadership che appare carente nel modo di fare di Giorgia Meloni. Nel suo ultimo libro Henry Kissinger spiega che, «senza una leadership, le istituzioni vanno alla deriva e le Nazioni rischiano di diventare sempre più irrilevanti». Forse è il caso che di ritorno dall’Indonesia qualcuno nello staff di Palazzo Chigi faccia un salto in libreria. Di Carlo Fusi

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