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Processo al Sud

Processo al Sud

La “questione meridionale”, sul tavolo del dibattito politico odierno con la riforma della “autonomia differenziata” attanaglia il Paese da tempo. Non a caso, le parole di Norberto Bobbio, sono più attuali che mai.
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La “questione meridionale”, sul tavolo del dibattito politico odierno con la riforma della “autonomia differenziata” attanaglia il Paese da tempo. Non a caso, le parole di Norberto Bobbio, sono più attuali che mai.
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La “questione meridionale”, sul tavolo del dibattito politico odierno con la riforma della “autonomia differenziata” attanaglia il Paese da tempo. Non a caso, le parole di Norberto Bobbio, sono più attuali che mai.
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La “questione meridionale”, sul tavolo del dibattito politico odierno con la riforma della “autonomia differenziata” attanaglia il Paese da tempo. Non a caso, le parole di Norberto Bobbio, sono più attuali che mai.
Il dibattito sulla riforma della “autonomia differenziata”, che con il ministro leghista Calderoli ha senz’altro avuto un’accelerazione, è lunare. Ad esempio: la riforma – che consiste nell’accentuare forme di autonomia amministrativa – è voluta dalla destra ma è stata concepita dalla sinistra. Altro esempio: è tacciata di anti-costituzionalità ma è prevista dalla Costituzione. Ancora: quando governava la sinistra era proprio la sinistra – il ministro era Francesco Boccia – a volere ciò che oggi vuole la destra, compresi i cosiddetti Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) che verrebbero determinati dopo e non prima dell’entrata in vigore della riforma. Come si può capire, la qualità lunare del confronto non dipende tanto dal merito ma da chi è al governo: l’autonomia differenziata è buona se governa la sinistra e diventa cattiva se governa la destra. E il merito? Campato in aria. Sulla Luna appunto, come il senno di Orlando. Conviene ritornare sulla Terra e valutare l’autonomia differenziata. Che vuol dire? Che l’autonomia può essere diversa e dipende dalle Regioni che la richiedono e la realizzano. La critica che si muove al progetto è questa: spacca l’Italia in un Nord più produttivo e civile e in un Sud più assistito e arretrato. A pagare le conseguenze di questa “differenza” sarebbero i meridionali in termini di sanità, trasporti, studi, sviluppo, lavoro, reddito. La critica che si può muovere alla critica è racchiusa in una domanda: ma non è già così? Sì. Se si considera, ad esempio, il servizio sanitario è risaputo che esiste da tempo il fenomeno dell’emigrazione sanitaria da Sud verso Nord. La stessa cosa vale per gli studi. E così per il lavoro. Non a caso il maggior numero di percettori del Reddito di cittadinanza è concentrato a Napoli. Stando così le cose, la riforma dell’autonomia spacca ciò che è già spaccato. Più che una divisione è una fotografia. Se si vuole si può anche sostenere che accentui le divisioni, ma ciò che non si può sostenere è che sia la causa delle differenze. Siccome le differenze già ci sono, la “causa” va ricercata altrove. Dove? Nell’auto-governo del Sud, dai municipi alle Regioni, che invece di essere attivi sono passivi e fonte di nuove forme di feudalesimo che creano sudditanza e dipendenza. Esiste, in altre parole, una responsabilità delle classi dirigenti meridionali che troppo spesso per salvare sé stesse puntano il dito contro le colpe ora di Roma, ora del Nord, ora dei piemontesi creando quel vittimismo in cui gli stessi meridionali si crogiolano. Il vittimismo è una sorta di brodo di coltura in cui si istituisce un patto malsano tra i meridionali, la rappresentanza istituzionale e la rappresentazione delle condizioni civili del Mezzogiorno. Ecco perché ciò che serve è un “processo al Sud” come onesta presa d’atto della propria condizione. Norberto Bobbio – un piemontese! – giunto alla fine della sua vita scriveva: «Come uomo del Nord, anche se non nordista, perché ho avuto una educazione risorgimentale, ispirata non teoricamente all’idea dei “fratelli d’Italia”, e debbo gran parte della mia formazione civile a uomini del Mezzogiorno come Croce e Salvemini, ho sempre esitato a esprimere il mio parere su una questione così complessa e controversa come la questione meridionale. Ma ormai una cosa è diventata ai miei occhi sempre più chiara, e sempre più difficilmente confutabile: la questione meridionale è prima di tutto una questione dei meridionali».   Di Giancristiano Desiderio  

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