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Reddito di cittadinanza

Reddito di Cittadinanza e proteste. I frutti avvelenati

Il Reddito di cittadinanza avrebbe dovuto accompagnare i disoccupati a ritrovare un‘occupazione e non ha creato un nuovo posto di lavoro che sia uno
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Adesso il reddito di cittadinanza fa paura. Nel senso che fanno paura le reazioni delle decine di migliaia di famiglie a cui il sussidio è stato revocato con l’ormai famoso o famigerato SMS dell’Inps.
Le prime avvisaglie di “rivolta” si sono regolarmente registrate nella mia Napoli – ‘capitale’ riconosciuta del Rdc – proprio davanti alla sede dell’Inps.

Quanto spontanee e quanto orchestrate ad arte non vi sapremmo dire, di sicuro inquietanti in un momento di profondo nervosismo generale e comprensibile allarme per i segnali di rallentamento dell’economia – denunciati anche dagli industriali – e dalla perdurante lotta a una coriacea inflazione. Caro vita che ha spinto la Banca Centrale Europea a una stretta monetaria inevitabile, all’origine di un altrettanto scontato e acceso dibattito sulla sua portata e soprattutto i limiti.

Il momento, dal punto di vista della comunicazione e del messaggio, insomma, non poteva essere meno propizio, ma questa è una casualità a valle della decisione politica di porre un freno al Reddito di cittadinanza. Almeno come fu ideato e varato ai tempi del governo Conte I e dell’abolizione per decreto della povertà.

Una di quelle sciocchezze senza limiti che finiscono per pagare tutti, non solo chi se la inventò per sostenere un provvedimento sbagliato nello spirito e catastrofico nella realizzazione. Il Reddito, infatti, avrebbe dovuto accompagnare i disoccupati a ritrovare un‘occupazione e non ha creato un nuovo posto di lavoro che sia uno, con l’eccezione della tragicomica esperienza dei Navigator. Precari regolarmente abbandonati al loro destino.

Nel mentre si gettavano soldi dalla finestra, si è riusciti a fare ancora di peggio: si è instillata l’idea che fosse un diritto essere “pagati” dallo Stato. A prescindere dalle condizioni oggettive, dalle possibilità dei singoli, dalle circostanze, dalle condizioni familiari. Dall’impegno.
Un’idea così malsana, così sbagliata oltre ogni possibile evidenza, da poter generare solo storture della peggior specie. Un assistenzialismo fine a se stesso – privo di qualsiasi corrispondenza con la formazione, lo studio, l’esperienza sul campo del lavoro – ideale per generare una rabbia sorda e rancorosa, nel momento in cui l’obolo dovesse essere stato “negato“. La storia di questi gironi.

Una volta fatta l’abitudine a ricevere in cambio di nulla, tornare indietro è dura e ci sarà sempre qualcuno pronto a soffiare sul fuoco. Per meschini interessi politici – ed è il meno – o per cavalcare il malcontento sociale con intenti ben più subdoli e inquietanti.
Una faccenda da maneggiare con estrema cura, nella certezza di non poter tornare indietro.

Bisogna spiegare a chi è stato vergognosamente illuso – non sarà per nulla facile – che la strada non può essere quella dei soldi regalati. Per banale calcolo economico, certo, ma prima di ogni altra cosa per la dignità da preservare.

di Fulvio Giuliani 

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