Il cordoglio e il cattivo esempio dell’Italia
C’è il mondo delle migliaia di fedeli in fila per la camera ardente di Papa Francesco. E poi in Italia ci sono coloro che hanno costruito uno stantio scontro sul 25 aprile. E non solo
Il cordoglio e il cattivo esempio dell’Italia
C’è il mondo delle migliaia di fedeli in fila per la camera ardente di Papa Francesco. E poi in Italia ci sono coloro che hanno costruito uno stantio scontro sul 25 aprile. E non solo
Il cordoglio e il cattivo esempio dell’Italia
C’è il mondo delle migliaia di fedeli in fila per la camera ardente di Papa Francesco. E poi in Italia ci sono coloro che hanno costruito uno stantio scontro sul 25 aprile. E non solo
C’è il mondo delle migliaia di fedeli in fila da ieri sino a domani sera per la camera ardente di Papa Francesco. È il mondo di chi crede. Ma anche dei tanti che non credono e vorranno rendere omaggio all’uomo da cui si sono sentiti coinvolti come non sempre era avvenuto con i precedenti pontefici.
C’è poi il mondo che si sta preparando a volare a Roma. E quando scriviamo “mondo” per una volta non è un’iperbole né un’allegoria. Saranno oltre 170 fra capi di Stato, di governo e rappresentanti di altrettante nazioni che si troveranno tutti insieme sabato. Sul sagrato della basilica di San Pietro. Un Onu (dolente) speciale, con tutto il suo immenso carico di distanze, incomunicabilità, talvolta odi neppure nascosti. Insieme, in una manciata di metri quadri.
È quel mondo in cui la diplomazia sta lavorando alla ricerca di opportunità. Anche di attimi fuggenti grazie ai quali riavviare un dialogo – si pensi a Trump-Zelensky – o costruire una prima presa di contatto – von der Leyen-Trump – nella speranza di tempi migliori. Sono le occasioni ufficialmente negate da Palazzo Chigi e non potrebbe essere altrimenti. Ai funerali non si organizzano incontri bilaterali, però ci si stringe le mani, ci si guarda negli occhi e un’occasione come questa non ricapita.
Si tratta di saper cogliere l’attimo, essere in grado di pesarne il valore e comportarsi di conseguenza. L’esempio di cosa non andrebbe fatto l’abbiamo purtroppo dato noi italiani e per certi aspetti c’è da mettersi le mani nei capelli.
L’ennesimo, stantio scontro sul 25 aprile ha dell’incredibile. Lo abbiamo costruito (l’hanno costruito) cavalcando ciascuno la propria tifoseria, sfruttando la circostanza eccezionale dell’ultimo saluto a Papa Francesco. C’è chi invita pleonasticamente alla “sobrietà” nelle manifestazioni per l’80º anniversario della Liberazione – cosa si dovrebbe organizzare, un dj set? – e chi urla al complotto contro il 25 aprile. Una cacofonia sconfortante.
Siamo pronti a strabuzzare gli occhi davanti alla spaventosa caduta di buon gusto del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Alle sue parole (alquanto superficiali) dedicate a Papa Bergoglio di fianco a un coniglio pasquale alto più di lui. Ma prima faremmo bene a guardare in Italia, in casa nostra…
Il calcio in Italia è riuscito a regalarsi un’indecorosa gazzarra sul giorno e gli orari di recupero delle partite rinviate nel giorno delle esequie del pontefice. Il mondo piange Francesco e il pallone italiano riflette pensosamente se qualcuno voglia favorire o sfavorire l’Inter, il Napoli, la Roma o qualsiasi altra squadra.
Come non pensare a un personaggio a cui tutti vogliamo bene come Jovanotti, incapace per un bel po’ di ore di cogliere l’impossibilità di conciliare il sentimento comune (comune, non cattolico) con un concerto a pochi chilometri dal luogo dell’ultimo saluto a Francesco.
Almeno è stata spostata la data di sabato, in una sorta di “minimo sindacale” che è diventato fra i tratti distintivi dei nostri tempi.
di Fulvio Giuliani
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