Il dumpster diving, il fenomeno del recupero alimentare è ormai una realtà diffusa
Lo scorso anno una 30enne danese di nome Sofie Juel Andersen ha speso in totale soltanto 99 dollari al supermercato eppure il suo frigorifero è sempre pieno. Il segreto? Il dumpster diving. Ecco che cos’è
Il dumpster diving, il fenomeno del recupero alimentare è ormai una realtà diffusa
Lo scorso anno una 30enne danese di nome Sofie Juel Andersen ha speso in totale soltanto 99 dollari al supermercato eppure il suo frigorifero è sempre pieno. Il segreto? Il dumpster diving. Ecco che cos’è
Il dumpster diving, il fenomeno del recupero alimentare è ormai una realtà diffusa
Lo scorso anno una 30enne danese di nome Sofie Juel Andersen ha speso in totale soltanto 99 dollari al supermercato eppure il suo frigorifero è sempre pieno. Il segreto? Il dumpster diving. Ecco che cos’è
Lo scorso anno una 30enne danese di nome Sofie Juel Andersen ha speso in totale soltanto 99 dollari al supermercato eppure il suo frigorifero è sempre pieno. Il segreto? Il dumpster diving. Ecco che cos’è
Lo scorso anno una 30enne danese di nome Sofie Juel Andersen ha speso in totale soltanto 99 dollari al supermercato eppure il suo frigorifero è sempre pieno. Il segreto? Il dumpster diving ovvero il recupero di cibo dai cassonetti dei grandi magazzini. Una pratica che nasce come esigenza economica, ma che per molti si trasforma in un gesto di attivismo contro lo spreco alimentare.
Sofie ha iniziato quasi per gioco quando viveva a Sydney, in Australia. Incuriosita, una sera ha dato un’occhiata ai bidoni nel retro di un supermercato e ha trovato una quantità sorprendente di cibo ancora perfettamente commestibile. Da quel momento ‘tuffarsi nei cassonetti’ è diventato una parte fondamentale della sua vita, che le permette di risparmiare denaro e ridurre il suo impatto ambientale. Grazie a questa pratica – e alla relativa influenza sulle finanze personali – la giovane donna danese può permettersi di lavorare solo quattro giorni la settimana e viaggiare in giro per il mondo.
Ma quello di Sofie non è certo un caso isolato. Nato negli Stati Uniti negli anni Novanta con il movimento freegan – una filosofia anticonsumista che unisce veganesimo e recupero alimentare – il dumpster diving si è diffuso rapidamente anche in Europa, soprattutto nei Paesi scandinavi. A Copenaghen, per esempio, è ormai una pratica accettata fra studenti e giovani lavoratori. Ma non tutti lo seguono per motivi puramente ideologici: alcuni lo vedono come una necessità economica, altri come un gioco o una sfida. Tuttavia, l’aumento della visibilità sui social ha trasformato questa pratica in un vero movimento di denuncia. Attivisti come Matt Homewood mostrano ad esempio regolarmente su Instagram le enormi quantità di cibo recuperato, evidenziando le assurdità dello spreco alimentare. Un problema, quest’ultimo, che ha dimensioni gigantesche.
Mediamente vengono gettati via 931 milioni di tonnellate di cibo, di cui il 10% proveniente direttamente dai supermercati. Secondo la Fao, ogni anno viene sprecato un terzo degli alimenti prodotti nel mondo e ben il 17% dei beni coltivati non arriva mai sulle tavole. L’estetica gioca un ruolo chiave: molti prodotti vengono scartati solo perché non soddisfano gli standard visivi richiesti dai consumatori. E questo vale non solo per frutta e verdura, ma anche per prodotti confezionati che presentino lievi danni alle scatole.
La legalità del dumpster diving varia da Paese a Paese. Negli Stati Uniti è consentito ovunque, mentre in Europa la situazione è più complessa. In Italia non è vietato ma i cassonetti dei supermercati si trovano spesso in proprietà private, rendendo la pratica potenzialmente illegale.
Negli ultimi anni sono nate diverse iniziative per ridurre lo spreco: una legge italiana del 2023 incentiva i commercianti a donare il cibo in eccesso, ciononostante c’è ancora molto da fare per rendere il sistema della distribuzione alimentare più efficiente e meno impattante sull’ambiente. In un’ottica più generale, il dumpster diving diviene un fenomeno che mette in discussione il nostro rapporto con il cibo e con il consumo. Mentre milioni di persone soffrono la fame e il pianeta affronta le conseguenze dello spreco di risorse, migliaia di tonnellate di alimenti perfettamente commestibili finiscono nella spazzatura ogni giorno. Il messaggio è chiaro: è ora di ripensare le nostre abitudini. Possiamo farlo scegliendo meglio cosa compriamo, supportando iniziative anti spreco e riflettendo sull’impatto delle nostre scelte quotidiane. Perché il vero lusso, forse, è proprio la consapevolezza.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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Tag: cibo
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