Un anno senza Carlotta Dessì
Ridevi, in questa foto. Ridevi e ballavi. E ci eravamo tolte le scarpe perché anche se era la festa della trasmissione, anche se forse non era il caso, con quei tacchi proprio non ce la facevamo più. È passato un anno, da quando non ci sei. Un anno senza te, Carlotta Dessì
Un anno senza Carlotta Dessì
Ridevi, in questa foto. Ridevi e ballavi. E ci eravamo tolte le scarpe perché anche se era la festa della trasmissione, anche se forse non era il caso, con quei tacchi proprio non ce la facevamo più. È passato un anno, da quando non ci sei. Un anno senza te, Carlotta Dessì
Un anno senza Carlotta Dessì
Ridevi, in questa foto. Ridevi e ballavi. E ci eravamo tolte le scarpe perché anche se era la festa della trasmissione, anche se forse non era il caso, con quei tacchi proprio non ce la facevamo più. È passato un anno, da quando non ci sei. Un anno senza te, Carlotta Dessì
Ridevi, in questa foto. Ridevi e ballavi. E ci eravamo tolte le scarpe perché anche se era la festa della trasmissione, anche se forse non era il caso, con quei tacchi proprio non ce la facevamo più. È passato un anno, da quando non ci sei. Un anno senza te, Carlotta Dessì
Ridevi, in questa foto. Ridevi e ballavi. E ci eravamo tolte le scarpe perché anche se era la festa della trasmissione, anche se forse non era il caso, con quei tacchi proprio non ce la facevamo più. È passato un anno, da quando non ci sei.
Un anno che non sento la tua voce. Che non sento le tue telefonate incazzate, che non mi parli del tuo amato Fabrizio. Che non mi dici di che colore è lo smalto che ti sei fatta mettere ai piedi. È un anno che io non riesco ad andare dove facevamo colazione insieme. Un anno che seppellisco il dolore di questa tua vita strappata alla vita quando ancora di vita ne avevi tanta davanti. Un anno che mi chiedo se potevo fare di più.
Perché tu, Carlotta, eri ipocondriaca. E io pensavo che quel mal di schiena in fondo, un po’ non fosse niente. È un anno che mi chiedo se poteva andare diversamente. Lo so che la risposta è no. Eppure fa così male. Perché avevi più vita di tutti. Te la mangiavi, quella vita. E non te lo meritavi, di andartene senza festeggiare quel 35esimo compleanno che stavi già preparando. Non te lo meritavi, nessuno se lo merita.
E nessuno avrà mai parole per riempire il vuoto del tuo amore Fabrizio. Dei tuoi meravigliosi genitori. A cui chiedo scusa per non aver avuto abbastanza parole. Abbastanza coraggio per affrontare quel dolore che per loro è ancora mille volte più immenso. Lo stesso che ho visto oggi, negli occhi di mia madre, che ti vedeva sorridere in un servizio alla tv. Mia madre che non ti ha conosciuta mai ma che sapeva così tanto di te.
Ciccia, così ci chiamavamo, sappi che ti porto sempre con me. Che non basterà, che non servirà purtroppo a riportarti qui. Ma che ti porto nel cuore, ciccia. Sempre e per sempre.
di Annalisa Grandi
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Tag: giornalismo
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