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Usa Ucraina

Gli Usa lavorano con l’Ucraina e aspettano Mosca. La rivoluzione copernicana

Dieci giorni dopo il disastro dell’agguato mediatico subito dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, gli Usa ci ripensano e con l’Ucraina approvano un piano di cessate il fuoco. Ora palla a Mosca

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Gli Usa lavorano con l’Ucraina e aspettano Mosca. La rivoluzione copernicana

Dieci giorni dopo il disastro dell’agguato mediatico subito dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, gli Usa ci ripensano e con l’Ucraina approvano un piano di cessate il fuoco. Ora palla a Mosca

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Gli Usa lavorano con l’Ucraina e aspettano Mosca. La rivoluzione copernicana

Dieci giorni dopo il disastro dell’agguato mediatico subito dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, gli Usa ci ripensano e con l’Ucraina approvano un piano di cessate il fuoco. Ora palla a Mosca

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Dieci giorni dopo il disastro dell’agguato mediatico subito dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, gli Usa ci ripensano e con l’Ucraina approvano un piano di cessate il fuoco. Ora palla a Mosca

Dieci giorni dopo il disastro dell’agguato mediatico subito dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, quasi nessuno avrebbe scommesso su una potenziale accelerazione verso il cessate il fuoco proprio sull’asse fra Washington e Kiev.

A Gedda, invece, il Segretario di Stato americano Rubio ha condotto i colloqui con la controparte Ucraina. Lo ha fatto con un atteggiamento completamente diverso. Sottolineando positivamente prima ancora dell’inizio del faccia a faccia in Arabia Saudita l’atteggiamento della delegazione del governo di Zelensky. Soprattutto, ha poi ottenuto il via libera pressocché immediato all’ipotesi Usa per un cessate il fuoco di 30 giorni.

Una luce verde suggellata dall’annuncio del ritorno di tutti gli aiuti militari e soprattutto di intelligence statunitensi alle forze armate ucraine. Erano stati congelati una settimana fa, dopo il disastroso colloquio-scontro di Washington fra Trump e Zelensky, e sono stati riattivati già ieri sera.

Usa e Ucraina al lavoro a braccetto, dunque. Palla rispedita nel campo della Russia, improvvisamente declassata da unica potenza con cui Trump voleva parlare – tenendo l’Ucraina lontana dalle trattative ad attendere che altri decidessero la sua sorte – a ‘semplice’ parte in causa. Costretta a scegliere se accettare la tregua già approvata dal nemico o dire “No”. Ponendosi palesemente dalla parte di chi la pace non la vuole neppure per idea. Come tanti sostengono da tre anni a questa parte.

Una sorta di rivoluzione copernicana, quella andata in scena ieri a Gedda. Con l’Ucraina improvvisamente riportata al centro delle attenzioni dall’amministrazione Usa. Con tanto di nuovo invito a Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca annunciato nella serata italiana dallo stesso Presidente degli Stati Uniti.

Non sappiamo dove possa portare lo spiraglio di pace intravisto ieri. Tantissimo dipende da Vladimir Putin e questo non può tranquillizzare nessuno (tranne i putiniani in servizio permanente effettivo ora silenti o inneggianti alla pace e stop). Ma solo con grande disonestà intellettuale si potrebbe negare che a Washington qualcosa deve essere cambiato nei confronti del governo ucraino e dello stesso Zelensky. E l’eventuale accordo sulle ‘terre rare’ non basta a spiegarlo.

Poi, Trump è Trump, come anche Putin avrà compreso ieri pomeriggio, e tutto può cambiare in minuti, ma ieri è successo qualcosa di importante.

Di Fulvio Giuliani

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