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Nel girone dei politici pusillanimi

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La guerra in Ucraina – ma a ben guardare anche ciò che è accaduto in Medio Oriente – vede tra i politici, non solo in Italia, una gran schiera di pusillanimi

Politici

Nel girone dei politici pusillanimi

La guerra in Ucraina – ma a ben guardare anche ciò che è accaduto in Medio Oriente – vede tra i politici, non solo in Italia, una gran schiera di pusillanimi

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Nel girone dei politici pusillanimi

La guerra in Ucraina – ma a ben guardare anche ciò che è accaduto in Medio Oriente – vede tra i politici, non solo in Italia, una gran schiera di pusillanimi

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Nella sua “Divina Commedia” Dante Alighieri concepisce un particolare girone infernale, quello dei pusillanimi. Il poeta ode le urla e i lamenti della prima schiera di dannati, coloro che durante la loro vita non si sono schierati, non hanno preso alcun partito. Li considera di fatto degli inetti. Hanno quindi da essere dannati in eterno. Non possono essere di alcun insegnamento perfino nella loro negatività. La sua guida, Virgilio, glielo rimarca in modo netto e sprezzante: «Non ragioniam di loro ma guarda e passa». Non meritano infatti alcuna attenzione. Non hanno mai voluto fare una scelta per viltà, quindi non sono degni della misericordia e della giustizia. Vengono condannati da Dante ed esclusi financo dal suo disprezzo.

Il poeta si è sempre battuto per ciò in cui credeva e pagò di persona le conseguenze delle sue scelte. Venne esiliato dopo che i guelfi neri presero il controllo di Firenze e lui – guelfo ma bianco – fu cacciato dalla sua amata città per vent’anni, fino a quando la morte lo colse a Ravenna nel 1321. Per lui la viltà era insopportabile. Oggi di pusillanimi ne avrebbe incontrati non pochi, tra il popolo e soprattutto tra i politici. Il termine deriva dal latino pusillus (meschino) e animus (animo). Il meschino, il pavido, il vile è privo di volontà e di forza d’animo. Come scrisse un altro gigante della nostra letteratura, Giovanni Boccaccio, è un «pusillanimo giovinetto», uno che (come disse Alessandro Manzoni) «doveva eseguire gli ordini».

Ma veniamo all’oggi, al perché vien fatto di utilizzare questo desueto ma pregno termine per indicare comportamenti e scelte specie di natura politica. La guerra in Ucraina – ma a ben guardare anche ciò che è accaduto in Medio Oriente – vede in politica, non solo in Italia, una gran schiera di pusillanimi. Sono i “né, né”. Gira e rigira siamo davvero storicamente pervasi da questi sentimenti. Schierarsi da una parte o dall’altra (giusto o sbagliato che sia) è sinonimo di coraggio e di una presa di coscienza. Nel pieno dei terribili e mortiferi Anni di piombo fior di politici e intellettuali dichiaravano «Né con lo Stato né con le Br». Oggi ripetono «Né con Putin né con l’Ucraina», «Né con Hamas né con Israele» e via dicendo. L’odierno romano direbbe prosaicamente «Stica» e lascio intendere a voi ciò che vuol dire.

Sul voto al Parlamento europeo per ReArm Europe la segretaria del Pd Elly Schlein aveva dato indicazioni precise: siamo contrari, ma non votiamo contro. Altri invece: “Né, né”. Apriti cielo: alcuni hanno votato sì, altri no, altri ancora si sono astenuti. Con errori tecnici alla Totò, senza offesa per il grande attore: Nicola Zingaretti, da non confondersi col fratello “Montalbano”, ha votato no per sbaglio; Lucia Annunziata si è astenuta invece che votare sì. Pare che se ne sia di molto pentita: insomma, ha commesso un errore nel pigiare il tasto. Non entro nello psicodramma di un grande partito come il Pd e nelle loro ‘battaglie’, forse sarebbe meglio definirle beghe interne.

Riarmo sì, riarmo no? Respingiamo o ci asteniamo, compagni? L’importante è non prendere posizione, traccheggiare nel tranquillo mare del “né, né”. Dalle parti del Nazareno si dice che «si respira aria di attendismo». Che poi vuol dire «Stiamo a vedere chi vince e poi scegliamo». In fondo, come dice il mio barista, «Stica!».

di Andrea Pamparana

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