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Kherson

Kherson, serve molta cautela

Se i tabloid stranieri non contengono l’entusiasmo per la ritirata russa da Kherson, da parte ucraina ogni parola viene misurata con cautela
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Chernivci – Nelle ultime ore si è molto parlato dell’annunciata ritirata russa da Kherson. In realtà, tutti i nostri contatti militari e civili sul posto non confermano finora grandi movimenti di truppe. Vengono invece segnalati diversi cecchini appostati alle finestre e nei fortilizi in città. I russi hanno evacuato con la forza più di 100mila civili, entrando in casa con i mitragliatori e concedendo alla popolazione poche ore di tempo per liberare appartamenti e case. Le televisioni russe hanno proposto un’altra narrazione, evidenziando lo scopo umanitario dell’operazione di evacuazione civile e addirittura sottolineando che sarebbe stato riconosciuto un indennizzo economico a quanti hanno lasciato il proprio alloggio per trasferirsi in Russia. Nulla di più distante dalla realtà. Pistola alla tempia, sono stati fatti sfollare quanti più civili possibili e le loro case sono state immediatamente occupate dai militari.

Si teme adesso che il prossimo scenario diventi quello di una sanguinosa guerriglia urbana, in cui i soldati russi potrebbero cercare di attrarre quelli ucraini per poi usufruire delle posizioni di tiro e delle fortificazioni ricavate nelle abitazioni sgomberate. Putin sinora non ha annunciato nulla. Sorprende non poco che un criminale sanguinario del calibro di Surovikin abbia scelto di mostrare un inedito lato umano, annunciando una ritirata decisa – a suo dire – per risparmiare la vita di civili e militari. Il trasferimento forzato e le deportazioni sono un crimine di guerra e ogni persona con cui siamo riusciti a entrare in contatto conferma l’uso della forza così come le intimidazioni e le torture per spingere i civili ad abbandonare le proprie abitazioni.

Quando si sono ritirati dall’assedio di Kyiv, i russi non hanno avuto neanche il tempo di ammainare le bandiere. Così è stato anche durante la fase più acuta della controffensiva a Est. Diversi contatti sul fronte orientale confermano infatti il rinvenimento in queste ore di più di mille pagine di documenti e report in una ex base militare russa di Balaklija: evidenzierebbero una situazione piuttosto caotica fra le file dell’esercito russo, così spiegando le motivazioni di un’altra frettolosa ritirata, quella avvenuta a settembre dalla regione di Kharkiv. In quei documenti si legge di ammutinamenti e di scarsa convinzione nella partecipazione al conflitto, ma anche di un malcontento dovuto a inadeguate o mancate retribuzioni. I soldati separatisti ricevono infatti circa metà del già basso salario riconosciuto dall’esercito russo ai propri militari e spesso vengono impiegati a forza nelle operazioni più pericolose.

Durante la ritirata da Balaklija, i russi hanno minato anche quell’ex presidio militare, esattamente come hanno fatto sin da aprile con la diga Kakhovka e la centrale nucleare di Enerhodar, nell’oblast’ di Zaporizhzhya. Il ponte Daryevsky sul fiume Ingulets è stato fatto saltare dai russi e così quelli di Snigirevka, Tyaginka, Milovo, Lvovo. Se i tabloid stranieri non contengono l’entusiasmo per la ritirata russa, da parte ucraina ogni parola viene misurata con cautela. Si teme il peggio, da un nemico che tutto sinora ha fatto tranne che prestar fede alla parola data.

di Giorgio Provinciali

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