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Abba, un grande ritorno al futuro della musica

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Grazie ai prodigi della tecnologia, lo storico gruppo svedese torna a fare concerti ma senza esserci. Siederanno in platea a Londra e guarderanno cantare i loro giovani avatar in giro per il mondo.
Abba

Abba, un grande ritorno al futuro della musica

Grazie ai prodigi della tecnologia, lo storico gruppo svedese torna a fare concerti ma senza esserci. Siederanno in platea a Londra e guarderanno cantare i loro giovani avatar in giro per il mondo.
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Abba, un grande ritorno al futuro della musica

Grazie ai prodigi della tecnologia, lo storico gruppo svedese torna a fare concerti ma senza esserci. Siederanno in platea a Londra e guarderanno cantare i loro giovani avatar in giro per il mondo.
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La notizia di qualche giorno fa scuote il mondo della musica internazionale. Gli Abba – 400 milioni di dischi venduti negli anni Settanta, più di 16 milioni di stream globali alla settimana e più di un miliardo di visualizzazioni su TikTok – tornano con un disco e una nuova tournée. Titolo del progetto: “Voyage”. Sin qui tutto nella norma se si considera che i quattro svedesi, tutti tra i 70 e gli 80 anni, sono una vera e propria istituzione planetaria del pop. È impressionante l’investimento economico, produttivo e tecnologico di quello che si annuncia lo spettacolo musicale del domani. Ma il dato più sconvolgente è che gli Abba riappariranno senza… esserci. E, come dicono loro, potranno seguire il concerto standosene seduti in platea a rivedere sé stessi quando erano giovani: prodigi imperscrutabili della tecnologia. Forse. Di certo, da questa esperienza, si debbono trarre considerazioni fondamentali per capire il futuro del consumo della musica in concerto. Tutti quei cantanti o gruppi che oramai vedono avvicinarsi inesorabilmente il capolinea, che dispongono di una credibilità commerciale e artistica consolidata nei decenni, oggi possono ritrovare lo smalto dei tempi migliori investendo i loro guadagni faraonici sull’unico futuro possibile di sé stessi: quello virtuale. Abba non è solo un gruppo musicale: è un marchio. Il nome è quello di una maionese in tubetto che in Svezia vende tre confezioni al secondo. Come la lingua irriverente dei Rolling Stones, come l’iconico basso-violino di Paul McCartney, Abba – con una b messa di traverso – è un oggetto di culto, un feticcio da collezionisti, una firma da applicare su idee e strategie di marketing. Il loro mito è spendibile con cifre a nove zeri nel mondo delle sponsorizzazioni, nell’intricata matassa dello sfruttamento dei diritti d’autore e d’esecuzione delle piattaforme digitali. Gli Abba non andranno in giro per il mondo. Avranno un’unica sede: la Abba Arena, tremila posti, costruita con tutti i device possibili al Queen Elizabeth Olympic Park di Londra. Data d’inizio: 27 maggio 2022. Ultima data: il futuro. Non suoneranno, saranno accompagnati da un’orchestra di dieci elementi, unico elemento ‘umano’ reale. Non canteranno, i loro avatar. La produzione musicale e scenografica sarà controllata minuto per minuto da tecnici che flirtano con gli effetti speciali del cinema. Che dire: un grande lunapark delle illusioni? Può darsi. Eppure qualcosa di reale e intimo si celebrerà ogni sera: l’emozione di riascoltare gli Abba rifatti da sé stessi. Un omaggio alla bellezza delle loro melodie, dei loro inni popolari. Un riconoscimento a un canto che non mostra i segni del tempo in un mondo talebano fatto di suoni e versi ‘usa e getta’, di un domani che non ci sarà. di Fabio Santini  

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