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Superbonus chi ha diritto ora

Superbonus, imprese e condomini. Gli scenari possibili secondo l’esperto

Christian Dominici, commercialista esperto di Superbonus, auspica che le banche realizzino un prodotto per supportare imprese e consumatori
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Superbonus, imprese e condomini. Gli scenari possibili secondo l’esperto

Christian Dominici, commercialista esperto di Superbonus, auspica che le banche realizzino un prodotto per supportare imprese e consumatori
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Superbonus, imprese e condomini. Gli scenari possibili secondo l’esperto

Christian Dominici, commercialista esperto di Superbonus, auspica che le banche realizzino un prodotto per supportare imprese e consumatori
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Christian Dominici, commercialista esperto di Superbonus, auspica che le banche realizzino un prodotto per supportare imprese e consumatori
E’ evidente che nell’affaire Superbonus qualcuno non stia dicendo tutta la verità. Da un lato il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che parla di una misura costata a ogni italiano 2.000 euro; dall’altro il Movimento 5 Stelle, secondo cui questo incentivo avrebbe persino giovato all’economia italiana.  Si mettessero d’accordo in fretta sui numeri, perché questa non è una partita a Cluedo ma in ballo c’è il destino di imprese e famiglie a cui ora interessa solo una cosa: capire quali sbocchi si apriranno per riuscire a sbloccare i crediti incagliati  e, in seconda battuta, come avere ancora accesso al Superbonus. “L’idea di fondo era buona – spiega Christian Dominici, commercialista che da anni segue la questione da professionista del settore – anche perché rientra nel solco degli interventi che l’Europa ci chiede per implementare l’efficienza energetica dei nostri edifici”. Premessa doverosa: Dominici, già lo scorso anno, sempre sulle nostre pagine, ci aveva messo in guardia sulla rischiosità di una misura come questa, preventivando quello che poi è effettivamente accaduto: lo stop al Superbonus “Se anziché il 110%, il bonus avesse finanziato per esempio l’80%, avrebbe avuto sicuramente una durata maggiore – puntualizza l’esperto – Invece i condomini sono stati deresponsabilizzati completamente. Al contrario, un loro coinvolgimento, anche solo del 20%, avrebbe creato un’unione di intenti tra il condomino interessato a spendere meno e l’impresa interessata a rappresentare i costi effettivi”. Così purtroppo non è stato. Cerchiamo allora di capire assieme al commercialista lo stato attuale delle cose, all’indomani dell’incontro che si è tenuto ieri tra i principali attori – imprese, costruttori e banche – e il Governo per sbloccare i bonus fermi nei cassetti fiscali, che a quanto pare andranno in compensazione sugli F24.   Dominici, cosa cambia dopo la decisione del Consiglio dei Ministri della scorsa settimana che, di fatto, mette fine al Superbonus come eravamo abituati a concepirlo? “D’ora in poi i condomini che faranno interventi sul Superbonus non potranno più cedere i loro crediti alle banche o ad altri investitori ma dovranno utilizzarli in 4 anni di detrazioni fiscali nella propria dichiarazione dei redditi. Una modalità che evidentemente mette in essere una grande disparità. Ragioniamo per esempio nell’ottica di una grande città come Milano, dove nello stesso condominio abita sì il professionista con una grande tax capacity e che quindi può permettersi di usare immediatamente il proprio bonus edilizio, ma al tempo stesso  vive anche il pensionato che invece non avrà la stessa capienza fiscale per poter utilizzare il superbonus.  Quali possibilità restano invece per quei condomini che hanno già depositato la Cilas (Comunicazione dei lavori asseverata Superbonus) presso il proprio Comune e deliberato i lavori? In che casistica rientrano? Queste  famiglie sono ancora in tempo e possono trovare un soggetto cessionario. E’ logico che proprio per via dell’aumento dei costi anche questi soggetti avranno difficoltà nel cedere il credito ma il problema dei crediti incagliati è così grande che è inevitabile che si arrivi a una soluzione. Penso a grandi banche come Intesa e Unicredit, da sempre molto vicine al territorio, e che hanno un interesse a trovare un accordo condiviso per quei soggetti che al momento si trovano in un limbo e vedono i propri crediti bloccati.  Che cosa ha inceppato il Superbonus secondo lei? Come mai le banche a un certo punto hanno preferito fare un passo indietro? Sono sempre stato molto critico verso questo prodotto perché era evidente che operazioni del genere si potessero prestare a grandi elusioni fiscali, frodi e sovrafatturazioni. In questi anni ho assistito tante banche che hanno acquistato i crediti del Superbonus fino a quando, sul finale dello scorso anno, l’incremento dei prezzi ha creato una spinta inflattiva così repentina da spingere gli istituti di credito a disaffezionarsi. Ad accrescere la loro preoccupazione ha contribuito poi una circolare ABI del 7 ottobre 2022 che avvisava le banche di quanto il prodotto fosse ad alto rischio riciclaggio, aspetto di cui la Banca d’Italia avrebbe tenuto conto nelle sue ispezioni, verificando con particolare attenzione tale tipologia di attivi bancari. Le banche hanno quindi un po’ accampato la scusa della tax capacity terminata, ma non è stato questo il vero problema secondo me. Bensì non hanno più voluto investire sul Superbonus poiché vedevano una grande rischiosità derivante dall’aumento dei prezzi e dalla limitata possibilità di controllare un credito tributario che non è come un credito Iva meramente documentale, ma che è un credito che richiede valutazioni di esperti e si presta facilmente ad abusi. Quali sono le imprese che rischiano di più? Le grandi aziende non rischiano praticamente nulla perché quest’ultimi non hanno mai fatto Superbonus ma preferiscono fare grandi opere come ferrovie o metrò. I problemi maggiori li avranno le piccole aziende che ora si trovano i lavori revocati poiché i condomini non se la sentiranno di anticipare il 100% dei lavori proprio per il meccanismo che dicevamo prima.  E quali vie d’uscita prevede, vista la sua esperienza sul campo? La mia attività è quella di assistere le banche di secondo livello che comperano i bonus da banche retail, che a loro volta rilevano i crediti dalle imprese. La mia ipotesi è che le grandi banche, come appunto le già citate Intesa e Unicredit, per la loro attenzione al territorio ed alle forti disuguaglianze e fallimenti che questo stop può provocare, vorranno auspicabilmente realizzare un prodotto a supporto dei consumatori. In tal caso è probabile che anche le banche di secondo livello lo faranno, acquistando una parte dei bonus e facendo di fatto ripartire il mercato. E’ comunque necessario il coinvolgimento dei condomini che devono in parte partecipare alle spese al fine di creare un prodotto tributario che sia equo – ossia a vantaggio di tutte le fasce sociali e quindi anche di coloro che non hanno elevata tax capacity, ed un prodotto tributario che sarà sempre valutativo (ossia legato ai documenti ed alle valutazioni dei tecnici) ma sicuro per le banche in quanto più possibile al riparo dal rischio frodi.

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