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Sharon Verzeni Paderno Dugnano

I recenti terribili fatti di cronaca… senza spiegazione

Prima l’omicidio di Sharon Verzeni, poi la strage della famiglia di Paderno Dugnano sono entrati in noi e ci hanno turbato perché si presentano a noi senza spiegazione

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I recenti terribili fatti di cronaca… senza spiegazione

Prima l’omicidio di Sharon Verzeni, poi la strage della famiglia di Paderno Dugnano sono entrati in noi e ci hanno turbato perché si presentano a noi senza spiegazione

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I recenti terribili fatti di cronaca… senza spiegazione

Prima l’omicidio di Sharon Verzeni, poi la strage della famiglia di Paderno Dugnano sono entrati in noi e ci hanno turbato perché si presentano a noi senza spiegazione

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Prima l’omicidio di Sharon Verzeni, poi la strage della famiglia di Paderno Dugnano sono entrati in noi e ci hanno turbato perché si presentano a noi senza spiegazione

Siamo tutti colpiti e tramortiti. Chi più, chi meno. Chi finge, chi si distrae, chi ci pensa e passa oltre. Ma i due fattacci di cronaca accomunati dall’insensatezza – prima l’omicidio di Sharon, poi la strage della famiglia di Paderno Dugnano – sono entrati in noi e ci hanno turbato. Perché? Proprio perché si presentano a noi senza spiegazione. Gratuiti e arbitrari come sono, non fanno paura ma qualcosa di più: inquietano. Il movente, la spiegazione, la logica sono elementi rassicuranti il cui scopo è controllare il fatto che si può ripetere e, dunque, da una parte va sanzionato e dall’altro va prevenuto. Invece, il delitto e la strage senza motivo sono senz’altro sanzionabili ma non sono prevedibili. Il loro elemento costitutivo, infatti, è il tragico che ci si para dinanzi e ci mostra il male che ci abita e che può venire fuori senza perché.

Nel tentativo di razionalizzare la strage familiare compiuta da un ragazzino, il procuratore ha detto che giudiziariamente non c’è un motivo per dare un senso alla fine atroce di Lorenzo (12 anni, fratello dell’assassino), della madre Daniela e del padre Fabio e che bisognerà far ricorso a motivazioni sociologiche. Ma nemmeno i sociologi potranno fornire un motivo – il motivo – per rendere la morte gratuita accettabile. Il perché è anche facile da intuire: se la risposta fosse la società, allora con il mutare della società dovrebbero scomparire i delitti inspiegabili: cioè tragici. Così non è. Sia i giornali sia i telegiornali hanno subito ricordato i delitti compiuti nel non lontanissimo passato da Erika e Omar e da Pietro Maso. Si tratta di delitti che si ricordano a memoria, ma se si facesse appello agli archivi verrebbero fuori tanti altri casi in cui l’elemento tragico – ossia ciò che ci si manifesta assurdo prim’ancora che criminale – fu già in prima pagina.

Se poi dalla cronaca e dalla storia si passasse alla civiltà, ci imbatteremmo nella letteratura greca che ci ha tramandato proprio un ‘genere’ che va sotto il nome di tragedia. Nelle opere di Eschilo, Sofocle, Euripide il male – la madre che uccide i figli, i figli che uccidono i genitori, i fratelli che uccidono i fratelli – entra sulla scena senza che vi sia un motivo evidente o realmente valido a giustificarlo. Il ‘disumano’ sotto varie forme – accecamento, delirio, possessione, gelosia, angoscia, perdita di sé – si presenta e manifesta tutto il suo strazio. È proprio sull’elemento tragico che si crea la civiltà affinché il tragico non emerga, non si manifesti, non irrompa se non sulla scena teatrale generando quella che Aristotele chiamava catarsi ossia pulizia, liberazione, purificazione (momentanea).

Solitamente per rassicurarci o per orientarci si fa ricorso alla categoria di mostro. La categoria di mostro è quasi sempre un’invenzione di chi non avendo altre spiegazioni si gioca l’ultima carta: è un mostro. Ma Riccardo che ha ucciso tutta la sua famiglia è stato descritto come serio, tranquillo, studioso. La mostruosità, ossia il tragico, può emergere dalla più normale delle normalità. È proprio questo ciò che inquieta. E anche Moussa Sangare, per quanto venga dipinto come un mostro, non è molto diverso da tanti giovani sopra le righe e violenti. La verità – se è lecito usare questa parola che fa tremare le vene ai polsi ma che pur è necessaria – è che la formazione della ‘buona volontà’ da un lato è incerta e non facile, dall’altro viene anche dileggiata. E invece tutto si regge sulla volontà buona. «Noi avemmo tutto: fulgore di dèi celesti, bellezza, eterna gioventù, indistruttibile lietezza; ma noi non eravamo felici, perché noi non eravamo buoni» dice l’Hermes del Vaticano.

di Giancristiano Desiderio

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