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I ragazzi e Giulia

I ragazzi e Giulia

Il pensiero degli studenti riguardo Giulia Cecchettin e il tema del femminicidio nella lezione di ieri presso l’Università Iulm. Dal punto di vista giornalistico e non solo
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Il pensiero degli studenti riguardo Giulia Cecchettin e il tema del femminicidio nella lezione di ieri presso l’Università Iulm. Dal punto di vista giornalistico e non solo
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Il pensiero degli studenti riguardo Giulia Cecchettin e il tema del femminicidio nella lezione di ieri presso l’Università Iulm. Dal punto di vista giornalistico e non solo
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Il pensiero degli studenti riguardo Giulia Cecchettin e il tema del femminicidio nella lezione di ieri presso l’Università Iulm. Dal punto di vista giornalistico e non solo
È stata un’esperienza bellissima tenere ieri una lezione all’università Iulm di Milano, nel quadro delle quattro organizzate da La Ragione in collaborazione con il prestigioso ateneo con un gruppo misto di studenti della triennale, della magistrale e di diversi corsi di laurea. Siamo stati insieme 90 minuti, in aula, per una lezione che era stata programmata su come si costruisca un giornale in piena era digitale. Ho scelto, proponendo l’idea ai ragazzi, di tentare un approccio completamente legato all’attualità: non mi sarebbe sembrato naturale trovarmi davanti a 40 ventenni e non chieder loro un parere, un’opinione e soprattutto una sensazione legati alla tragedia di Giulia Cecchettin. Al dibattito che ne è seguito, in un confronto fra mondo adulto e ragazzi, quello che riporto non è il diario zuccheroso e un po’ melenso di complimenti reciproci di prammatica. Una specie di “atto dovuto“ per ringraziare gli studenti della loro pazienza. No, parlando di come hanno letto e ascoltato la vicenda, di come hanno valutato i commenti dei più svariati editorialisti, ne è venuta fuori una consapevolezza molto profonda anche delle esagerazioni che in vicende così clamorose finiscono per non mancare mai. Degli aspetti più ridondanti – quando non direttamente illeggibilinell’insistere su particolari insostenibili e raccapriccianti del delitto. Gli studenti con cui ho avuto l’opportunità di discutere ieri non erano interessati aiparticolari in cronaca’, ma a come sia stato possibile ritrovarsi a vivere nel 2023 in una società con questi angoscianti buchi neri. Le ragazze, in modo particolare, hanno confessato di sentire tutto il peso dell’ombra del patriarcato. Allo stesso tempo, hanno mostrato di avere la lucidità di rifiutare lo slogan fine a se stesso: non basta urlare alpatriarcatoper individuare il cuore del problema. Ragazze e ragazzi chiedono prospettive credibili, non sicurezze assolute. Cercano dagli adulti – almeno questa è la mia impressione – un ragionamento più profondo delle classiche frasi buttate lì con indifferenza sulla fine del futuro, sull’assoluta incertezza, sul “come era bello ai nostri tempi”. Una lagna che dovremmo vergognarci di ripetere, parlando con ragazzi che vorrebbero solo essere lasciati liberi di abbracciare la vita con le loro forze e di non essere tarpati da paure, ansie che finiscono per essere trasmesse pur con le migliori intenzioni da mamma, papà e “grandi“ in generale. La tragedia di Giulia li tocca troppo da vicino per accontentarsi del rumore fine a se stesso, delle polemiche sguaiate e irrispettose del dolore di tanti.   di Fulvio Giuliani

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