Cosa resterà di Sanremo 2024
Mancano poche ore e finalmente il vincitore di Sanremo 2024 sarà rivelato. È tempo però di tirare un po’ le somme sotto l’aspetto rigorosamente musicale
Cosa resterà di Sanremo 2024
Mancano poche ore e finalmente il vincitore di Sanremo 2024 sarà rivelato. È tempo però di tirare un po’ le somme sotto l’aspetto rigorosamente musicale
Cosa resterà di Sanremo 2024
Mancano poche ore e finalmente il vincitore di Sanremo 2024 sarà rivelato. È tempo però di tirare un po’ le somme sotto l’aspetto rigorosamente musicale
Mancano poche ore e finalmente il vincitore di Sanremo 2024 sarà rivelato. È tempo però di tirare un po’ le somme sotto l’aspetto rigorosamente musicale
Mancano poche ore e finalmente il vincitore di Sanremo 2024 sarà rivelato. Ma prima che l’attenzione generale si sposti sul trionfatore e le luci del Festival fatalmente si spengano permettendoci di tornare tutti alla nostra quotidianità (priva dello sbrilluccicare delle giacche di Amadeus), è tempo di tirare un po’ le somme sotto l’aspetto rigorosamente musicale. Perché sì, sembra assurdo – pensando alle polemiche travoltiane e affini – ma sempre del Festival della canzone italiana stiamo parlando. E allora come sono queste canzoni, dopo averle finalmente potute ascoltare ‘in libertà’? Molte delle sensazioni avute durante i preascolti si sono rivelate azzeccate, confermando anche la tendenza a creare brani che aggancino il più velocemente possibile l’ascoltatore. Tuttavia vale la pena di fare qualche considerazione in più.
Per prima cosa c’è da operare un distinguo importante fra le canzoni in disco e le performance live. Come sappiamo, molti brani sono di fatto riarrangiati per poter esser eseguiti dall’orchestra. E dal vivo non si scappa: bisogna saper cantare. Lo sappiamo, ormai da anni esiste la tendenza a raccontarsi e sentirsi raccontare che cantar bene non è più necessario – o non lo è mai stato – per far il mestiere del cantante. I risultati li stiamo vedendo, pardon ascoltando. Tante sbavature sul palco, stecche rilevanti e alcuni che (se l’unico criterio fosse stato appunto il canto) là non avrebbero dovuto esserci manco per spostare i cavi sul palco. Ma la tecnologia aiuta, in disco sembrano tutti usignoli e tutto sommato è vero che – se c’è la canzone, se c’è il messaggio o se c’è il talento – anche se non si è precisi va bene così. Ma le canzoni ci sono? Se il criterio è la radiofonia sì, ci sono eccome. E lo dimostra il fatto che per la prima volta la playlist Spotify di Sanremo si è rivelata la più ascoltata al mondo. Se invece parliamo di contenuti, profondità o novità, beh: molto meno.
Ma è tempo di soffermarsi sui singoli casi, perché far di tutta l’erba un fascio ha senso fino a un certo punto. In questa edizione – inutile negarlo – c’è una piccola stella che brilla forte, quella di Angelina Mango. Neanche ventitreenne, s’è presa il palco dell’Ariston con una personalità da veterana e una capacità interpretativa da predestinata. Si mettano il cuore in pace i detrattori: la canzone funziona e la penna di Madame (coautrice del brano) si sente. Magari non vincerà, ma poco cambia: il futuro porterà anche il suo nome. Altra nota di merito per la canzone dei Negramaro. Sangiorgi ha scritto un pezzo che è cresciuto di sera in sera e la forza della band, unita più che mai, si è fatta sentire. Quando poi all’orchestra si dà il ruolo che merita, il risultato non può che essere ottimale. Lo sa bene Emma che è uscita un po’ depotenziata (non per suoi demeriti) dalla versione aristoniana del brano, molto forte invece in disco. L’attesa Annalisa ha portato il quarto capitolo della sua rinascita artistica, fregandosene di chi continua a dirle di tornare a ‘cantare’: canta anche qua, precisa e nel pezzo.
Un’ultima notazione. Diciamolo, 30 cantanti erano davvero troppi. Gli stessi giornalisti in sala stampa hanno fatto fatica a riconoscere e ricordare interpreti, brani e autori. Segno dell’uniformità (o della scarsa personalità) di alcune canzoni, ma anche del troppo che in fondo stroppia. Come il FantaSanremo: bello all’inizio, ora molto meno.
di Federico Arduini
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